I want you to be happier, I want you to be happier…
Musica, lustrini, fiumi di champagne, palloncini: tutto quello che occorre per celebrare alla grande un compleanno, e che compleanno: Batman compie 80 anni. Eppure qualcosa non funziona, questo salone addobbato mi sembra quasi grottesco. Questo party rende omaggio solo alla “maschera mondana” di Bruce Wayne: l’affascinante scapolo, il multimilionario filantropo, più o meno svampito a seconda delle esigenze di copione. Dietro questo travestimento si cela il vero Bruce, quello che combatte per l’anima nera di Gotham City: è lui che bisogna festeggiare, ma come?
Annullo gli inviti, sgonfio i palloncini e disdico l’ordinazione della torta (tanto correvo il rischio di riceverne una avvelenata, in stile Anno Uno, o di veder sbucare fuori dal dolce un ospite indesiderato). Riduco in brandelli i cartoncini con la traccia del mio discorso d’auguri: mi sembrano scritti da un pessimo comico. Ho sbagliato tutto. Forse dovrei limitarmi a un misero bigliettino d’auguri, della serie cento di questi giorni, oppure sei come il buon vino, più invecchi più migliori. Bah.
Il salone vuoto mi sembra ancora più tetro di prima, ci manca solo che un pipistrello ferito entri da una finestra. Spengo le luci e vado a dormire. Chiudo gli occhi, ma il cinema della memoria inizia a proiettare dei fotogrammi:
“(…) tu sarai quel vogliamo che tu sia. Diventerai ciò che ci serve… Dovrai sopportare il peso delle nostre paure e dei nostri peccati. È il tuo destino immortale.”
I villains di Gotham ripetono in coro questo ritornello, mentre circondano un Batman frastornato, che ha appena rivissuto tutte le sue “rigenerazioni” (Vecchia scuola, Gregg Hurwtiz e Neal Adams, Batman #30, Lion Dc Comics, 2014). Questa folle corsa tra le diverse epoche, o fasi, del Crociato Incappucciato (viene subito da pensare a una certa scena di Lego Batman – Il film) si conclude in una fumetteria piena di fan esultanti e ignari delle sue fatiche di Ercole. Bel modo di festeggiare settantacinque anni di attività…
“He can’t be happy. And also be Batman.” (Batman #49, Tom King e Mikel Janin, Dc Comics, 2018)
Ecco il problema di fondo. Quando fai gli auguri di buon compleanno a un tuo amico, ti stai anche augurando che lui sia felice, giusto? Però le migliori storie del Cavaliere Oscuro non sono esattamente tutte rose e fiori: siamo abituati a vederlo con le spalle al muro, a trattenere il respiro mentre affronta insidie apparentemente insuperabili. Non lo immaginiamo quasi mai senza la sua armatura, senza un’aria imbronciata o preoccupata. Emicrania da stress, punti di sutura e ossa rotte? Sì, certo.
Associamo il nostro eroe alle tenebre, a una magione immersa nelle ombre dove il lutto è quasi eterno e ovunque vi sono proverbiali specchi coperti di lenzuola nerissime (Batman Cappuccio Rosso #1, Andersen Gabrych, Pete Woods, Planeta DeAgostini, 2005). L’infelicità è di casa a Villa Wayne, la tristezza è il secondo mantello del nostro eroe.
Forse non è un caso che la felicità sia diventata una sorta di parola chiave nelle ultime opere dedicate a Bruce. Tom King, nella sua corsa verso il “Batrimonio”, si è chiesto se sia possibile conciliare le gioie dell’amore coniugale con i sacrifici che vengono richiesti a un eroe. Qualche mese dopo, Scott Snyder ha messo al centro della sua miniserie The Batman Who Laughs la ricerca della felicità: dove si trova e, soprattutto, il Cavaliere Oscuro può raggiungerla senza rinunciare ai suoi principi, senza attraversare la linea che si è imposto di non valicare?
Il multi-verso è abitato da innumerevoli versioni del Cavaliere Oscuro, ma, a quanto pare, le uniche ad essere felici sono quelle che sono venute meno al loro codice morale o che hanno appeso il mantello al chiodo. Bruce potrebbe essere felice: dovrebbe solo smettere di essere Batman. Possibile che non ci siano alternative?
‘Cause this just don’t feel right to me
I wanna raise your spirits
I want to see you smile but
Know that means I’ll have to leave (Happier, Marshmello ft. Bastille)
Le mie storie preferite sono quelle in cui Bruce Wayne si spinge oltre i suoi limiti. Voglio vedere Batman rinascere dalle sue ceneri per diventare il Deus Ex Machina di una città al di là dello specchio, che non è altro che il riflesso delle nostre inquiete metropoli (il pensiero va di nuovo a Scott Snyder). Non voglio vederlo gettare via la maschera, come in uno dei finali del videogioco ideato da Telltale.
Continuiamo a leggere e a tramandare le gesta di questo eroe perché siamo affascinati dalle sue battaglie, interiori e non, e dalla determinazione granitica che lo spinge a non arrendersi mai, anche quando l’oscurità minaccia di inghiottire lui e la sua città. Questa è una tragedia, iconica quanto quella di Amleto, che, con l’esclusione di qualche intermezzo comico, va in scena da ottant’anni.

Eppure vorrei che Batman fosse felice, almeno per un po’. Vorrei che riuscisse a trovare la felicità alla fine del suo scontro con il letale Batman Who Laughs o al capolinea della sua rinascita. Vorrei che, anche al di fuori del giocoso mondo dei Lego, potesse trascorrere una serata tranquilla, senza sirene o colpi di pistola, insieme alla sua Bat-famiglia. Questo è il mio augurio di buon compleanno.
Redatto da: Benny a.k.a. seguite anche il suo blog cliccando qui Benny a.k.a. Unreliablehero