Inchiostri e disegni su Batman, la sua Bat famiglia, Catwoman, Gotham Central, Dceased (la grande saga della DC Comics in cui svariati personaggi di quest’Universo fumettistico verranno infettati e trasformati in zombie grazie al rilascio di un potente e misterioso tecno-virus), Reed Hood. Queste sono solo alcune delle testate, su cui ha lavorato uno tra i migliori artisti italiani della nona arte: Stefano Gaudiano. Classe 1966, lavora per gli Stati Uniti e si è trasferito a vivere lì fin dal 1981, ma senza mai dimenticare le sue origini e la sua terra. Il suo tratto è caratterizzato da uno stile graffiante e sporco al punto giusto, che lo porta a collaborare con team grafici e sceneggiatori eccellenti. Abbiamo il piacere di poterlo ospitare sul nostro blog per una speciale intervista arricchita dalle sue tavole.
BCS: Ciao Stefano e benvenuto su Batman Crime Solver.
Stefano: Grazie!
BCS: Come è nata la tua passione per l’arte?
Stefano: In Italia l’arte ci circonda e mi ha sempre affascinato, inoltre mia madre e’ una brava disegnatrice e pittrice amatoriale. Avendo peraltro tre fratelli maggiori, sono nato in una casa piena di fumetti di vario genere che mi hanno subito affascinato. Mio fratello Andrea aveva anche una grande capacita’ fumettistica – gia’ da piccolo scriveva e disegnava storie di supereroi, fantascienza, horror e umoristiche. Siccome io gli stavo sempre appresso ho dovuto darmi da fare. Non avendo il suo talento creativo mi sono concentrato molto sul ricopiare o ricalcare cose che mi piacevano – piu’ che altro supereroi Marvel, ma anche le caricature di uomini politici che trovavo sulle riviste.
BCS: Ci racconti i tuoi esordi?
Stefano: Grazie al dialogo diretto stabilito da Stan Lee fra gli autori e i lettori dei fumetti Marvel-Corno di cui ero appassionato, sapevo bene che quelle opere erano create da esseri umani fatti di carne e ossa come me. Quei disegnatori avevano una personalita’ distinta e seguendo la pista del fratello Andrea ho pensato da giovanissimo di poter diventare anche io un artista marveliano. E’ il tipo di illusione – diciamo pure fede – che puo’ attualizzarsi in qualche forma per pura forza di testardaggine, anche facendo errori per strada. Ho esordito in primo luogo su riviste amatoriali quando ero al liceo negli USA. Al giorno d’oggi la vocazione artistica offre opportunita’ globali, ma a quei tempi l’arte era vista come una professione troppo precaria. Mi sono iscritto quindi all’universita’ con idee vaghe di studiare prima matematica, poi storia e scienze politiche – intanto pero’ continuavo a pubblicare fumetti autoprodotti (guadagnando meno di zero) e ho fatto un paio di escursioni a New York cercando di farmi assumere alla Marvel, senza successo. Sono stato notato invece da una conoscenza – il giovane sceneggiatore Steve Seagle – che aveva venduto una storia a una piccola casa editrice e cercava un disegnatore. Da li’ e partita la serie autoconclusiva KAFKA (niente a che fare con l’autore Franz Kafka, a parte una certa atmosfera di tensione e complessita’ burocratica.) La serie e’ stata ben accolta e ne e’ seguito un passaggio, seppur lento, da case editrici piccole a case editrici piu’ grandi. Per molti anni ho lavorato non solo nel campo del fumetto ma per chiunque avesse cose da disegnare – giornali, cartoni animati, magliette, poster, videogiochi – finche’ dopo circa vent’anni di vagabondaggio professionale ho trovato il mio punto forte concentrandomi sulle chine.
BCS: Come si è evoluto il tuo stile di disegno nel tempo?
Stefano: Come disegnatore sono ancora in fase di evoluzione. Da piccolo mi piaceva sia la chiarezza e apparente semplicita’ dei disegni che trovavo su Topolino, che la densita’ dell’arte di Alberto Breccia e vari illustratori e pittori anonimi (per non parlare di Michelangelo e Leonardo). I disegnatori della Marvel negli anni ’60 e ’70 – chi in un modo chi nell’altro – rappresentavano una sintesi delle due tendenze, creando un’atmosfera densa con una linea relativamente semplice, e da ragazzo pensavo di poter sviluppare il mio stile su quelle basi. In realta’ la mia tendenza, sia per istinto che per mancanza di formazione adeguata, e’ piu’ illustrativa che fumettistica. Il successo iniziale di KAFKA e’ dovuto in parte al fatto che in quel periodo ho intravisto qualche possibilita’ di sbocco nell’approccio veloce e spontaneo di Hugo Pratt; ma non ho mai sviluppato quello stile sufficientemente bene, e negli anni seguenti ho barcollato come un ubriaco fra vari modi di disegnare. Specializzarmi come inchiostratore e’ stata una mossa ideale. In quel ruolo, sono in grado di percepire abbastanza accuratamente le intenzioni degli autori (sceneggiatore e disegnatore) e sviluppare i tratti adeguati alla finitura di diversi progetti. Come inchiostratore posso applicare la gamma delle mie radici stilistiche senza il rischio di perdermi fra la partenza e il traguardo di ogni opera, perche’ la mia parte e’ sufficientemente limitata.
Queste sono le due tavole a colori del suo primo lavoro su Batman (Batman:Our Worlds at War #1, 2001).
BCS: Che tipo di responsabilità avverti nei confronti dei lettori, semmai la avverti, ogni volta che inizi un nuovo lavoro?
Stefano: Nelle chine chiarezza e atmosfera sono le mie parole d’ordine – sento quella responsabilita’ nei confronti dei lettori, dei colleghi, dell’opera stessa – perfino nei confronti dei personaggi se si tratta di figure che hanno una propria storia e ruolo indipendente dall’opera. Come disegnatore invece mi trovo andicappato da un senso di responsabilita’ sproporzionato, paralizzante – non conosco o non ricordo bene la parola d’ordine per soddisfare i lettori. Oggettivamente basta fare il proprio meglio in maniera sostenibile; conoscere e accettare i propri limiti e disegnare senza pretendere costantemente di eccederli. E’ buffo, ma emotivamente il pensiero che qualcuno osservera’ i miei disegni mi lascia ancora interdetto. A ricalcare non c’e problema!
BCS: Sono un fan (sfegatato) anche dei mitici Ed Brubaker e Greg Rucka. Ci puoi raccontare qualcosa su di loro?
Stefano: Anch’io li rispetto e ammiro molto. Di Greg ricordo che anche quando era giovane veniva chiamato ‘vecchio burbero’ in redazione per come prende le cose seriamente. Con Ed ho vissuto nello stesso quartiere di Seattle quando eravamo esordienti negli anni ’90 – e’ sempre stato dedicato alla sua opera e anche personalmente carismatico, quindi non da un lato non mi sorprende che abbia raggiunto il suo livello di successo; ma a suo tempo la cosa non pareva assolutamente garantita.
Da vari anni vive a Los Angeles dove lavora come sceneggiatore nel campo della TV mentre continua a creare ottimi fumetti con l’artista Sean Phillips. Anche Greg pur vivendo a Portland, fuori dall’epicentro dell’industria cinematica, sta riscontrando un notevole successo in quel campo. Oltre al loro talento e la profonda prospettiva individuale che apportano al proprio lavoro, sono entrambi tenaci e ben focalizzati. Sia nelle loro opere che nella gestione del proprio percorso professionale sanno seguire un filo costante che gli permette di concludere molto e bene.
Siccome GOTHAM CENTRAL ha lanciato la mia carriera di inchiostratore (*ndr), devo aggiungere che Michael Lark e’ stato pienissimo collega di Ed e Greg, e spesso viene trascurato nel discorso. Gli sceneggiatori di fumetti producono quattro o cinque volte il volume di storie che puo’ produrre un disegnatore – possono quindi diventare meglio conosciuti e giustamente anche ammirati. Michael, non e’ un disegnatore vistoso e non si fa notare tanto, ma la sua grandissima forza narrativa ha contribuito in maniera assolutamente fondamentale al valore di GOTHAM CENTRAL e oltre.
BCS: Hai lavorato su tutte le testate più importanti, con team di ottima caratura internazionale. C’è un universo che ti affascina di più disegnare?
Stefano: Dal punto di vista puramente del disegno – non ho in mente un progetto ideale ma mi trovo particolarmente a mio agio con soggetti che accomodano uno stile un po’ cupo e ruvido. Come fan sono appassionanti praticamente tutti i miei progetti.
BCS: Come sei arrivato a disegnare per la Dc Comics?
Stefano: Ho cercato lavoro in primo luogo con l’editoriale Vertigo, un ramo della DC che si specializzava su storie che pensavo fossero ben adatte al mio stile. I responsabili della Vertigo pero’ non erano d’accordo al riguardo, e dopo avermi concesso di disegnare un brevissimo capitolo di SANDMAN MYSTERY THEATRE Annual #1 hanno smesso di rispondere alle mie telefonate. Un paio di anni dopo lo sceneggiatore James Robinson ha convinto il mitico redattore Archie Goodwin ad assumermi per una storia breve sullo STARMAN Annual #3, e questo e’ stato il mio esordio alla DC vera e propria.
Il lavoro mi e’ riuscito bene e l’anno seguente sono stato invitato a contribuire all’Annual #4, ma purtroppo ero troppo impegnato su un altro lavoro (il videogioco King of Dragon Pass). Son passati altri tre anni prima che venissi nuovamente invitato alla DC a disegnare un numero speciale di Batman.
Li’ ho scoperto di avere una mano abbastanza buona per il cavaliere di Gotham City, e per un paio di anni ho bazzicato nell’ambiente di Batman come disegnatore; pero’ non son riuscito a mantenere il bilancio necessario di qualita’ e affidabilita’ per le scadenze. Stavo per mettere da parte il fumetto per concentrarmi professionalmente sui video giochi, ma ho sentito che Michael Lark aveva bisogno di un chinatore per mantenere il passo di produzione mensile su GOTHAM CENTRAL. Un mio provino di china sulle sue matite e’ stato approvato da tutti i responsabili, e in quel ruolo ho finalmente consolidato la mia posizione in campo, proprio alla DC Comics.
BCS: Ci puoi illustrare qualche tavola del tuo lavoro su Dceased?
Stefano: DCEASED e’ stato un rientro clamoroso alle disavventure degli eroi DC, dopo anni di assenza durante cui ho lavorato per la Marvel, la Valiant, e sulla testata THE WALKING DEAD.
Il redattore Ben Abernathy mi ha chiesto se ero interessato e libero per un progetto breve. Non sapevo di cosa si trattasse, ma sentendo che il disegnatore era Trevor Hairsine ho detto subito di si. Ammiro molto l’arte di Trevor e avevo gia’ constatato quanto sia divertente chinare le sue matite su un paio di collaborazioni per l’editoriale Valiant.
Appena ho visto la prima pagina doppia con Darkseid e tutta la Justice League ho capito di essere cascato bene. Le sue matite sono eccezionali, e l’intera squadra creativa e’ notevole – Abernathy peraltro ha gestito bene la programmazione delle scadenze permettendoci di dare il nostro meglio, nonostante un’espansione della storia.
Il successo della serie ha scaturito varie ramificazioni a cui purtroppo non ho potuto partecipare per conflitti di tempo, ma son stato felicissimo di vedere che un’altra firma italiana – Gigi Baldassini – ha preso le chine in mano e sta portando a termine la “sequel” in grande stile.
BCS: Domanda obbligata per tutti coloro che passano da queste parti. Ti piace il personaggio di Batman è perché?
Stefano: Mi piace si! Da giovane ero un fanatico marveliano e leggevo i pochi fumetti di Batman che mi capitavano fra le mani con piacere ma senza passione. Negli anni ’80 pero’ sono stato trafitto dall’opera di Frank Miller, Klaus Janson, Lynn Varley, David Mazzucchelli, Richmond Lewis e altri sul personaggio. Apprezzo molto l’aspetto “dark” in quelle storie, ma penso che la grandezza di Batman sia legata al fatto che il personaggio funziona in una moltitudine di chiavi tonali. C’e il Batman degli anni ’30 e ’40; il Batman allucinante di Dick Sprang e quello della televisione negli anni ’60; il Batman elegante e serio di Neal Adams, la versione tormentata di Frank Miller e cento altre varianti fra quei muri portanti – notevole il cartone animato degli anni ’90 prodotto sotto la guida di Bruce Timm in uno stile che poi e’ stato ripreso da Darwin Cooke per la serie CATWOMAN e altre opere legate al mito. Insomma, nonostante la sua personalita’ appaia a volte rigida, Batman si dimostra una maschera eccezionalmente versatile.
Stefano, ci mostra inoltre due tavole del suo lavoro più recente su Red Hood . Lui stesso riporta: “E’ interessante qui vedere lo scarto stilistico fra le tavole tratte dal n.51, alquanto curate sia nelle matite di Tony Akins che nelle mie chine, e la tavola dal numero 52 (in uscita in USA il 22.12.2020) dove a causa di scadenze strettissime ho gettato chine affrettate sugli abbozzi di Tony“.
BCS: Come si vive questo particolare momento di pandemia negli USA e come si riflette nella tua vita artistica? Cosa è cambiato?
Stefano: Negli USA, come in Italia, i casi di infezione sono nuovamente in crescita e siamo tenuti a limitare gli spostamenti e le attivita’ sociali – questo influisce meno su fumettisti e altri abituati a lavorare a casa per contro proprio, ma ovviamente i piccoli intoppi ci sono anche per noi. Oggi per esempio intendevo incontrare dei colleghi per progettare collaborazioni future, ma sono appena scattate misure di sanita’ pubblica che ci costringono a organizzarci per e-mail o per telefono: meno piacevole ma niente di grave. Negli ultimi mesi ho dovuto rinunciare ad una serie di viaggi e incontri che normalmente sarebbero serviti alla manutenzione e sviluppo delle mie attivita’ professionali, ma trovandoci assolutamente tutti in questa circostanza di pandemia gli svantaggi sono condivisi. La situazione richiede una forma di inventiva diversa dall’approccio piu’ strettamente competitivo e individualista che prevaleggia nella cultura statunitense. Il presidente degli USA ha rivelato qualcosa di se stesso nella crisi che ha cambiato la sua immagine pubblica almeno quanto e’ bastato per fargli perdere il recente contesto elettorale; mentre altri uomini politici sono usciti rinforzati in quanto hanno mostrato certe capacita’ inaspettate nella crisi. In particolare trovo che l’auto-interesse esplicitamente promosso e rappresentato dal presidente Trump (presto ex) era considerato alquanto accettabile in un contesto normale. La pandemia ha rivelato certi limiti oltre ai quali un certo anche sano atteggiamento di auto-interesse puo’ diventare distruttivo se non riesce ad adeguarsi al bene collettivo. Per la vita artistica, piu’ specificamente, nel flusso abituale delle cose quasi evitiamo certi livelli di auto-analisi perche’ interferirebbero con le opportunita’ offerte dai corsi generalmente prestabiliti. La anormalita’ attuale, col maggiore isolamento e l’incertezza sul futuro, stimola una specie di esame di coscienza che potrebbe risultare utile creativamente proprio in proporzione a quanto rovina le forme stabili. Se riusciamo a maturare un po’ creativamente sia come individui che come societa’ sarebbe un risvolto positivo in una crisi che ovviamente avremmo tutti preferito evitare.
BCS: Dove possono trovare gli aggiornamenti sul tuo lavoro i nostri lettori?
Stefano: Aggiorno poco, ma il mio sito web e’ gaudianoart.com, e su instagram sono @gaudianoart
BCS: Grazie di cuore per aver accettato il mio invito e per il tempo che ci hai dedicato.
Stefano: Grazie a te, e’ stato un piacere.
*ndr (Nota del redattore): Su Gotham Central, oltre che come inchiostratore, troviamo accreditato Stefano Gaudiano come:
Colorista: Gotham Central vol.2: Jokers e Madmen
Layout: Gotham Central #30, Gotham Central Book: On the freak beat, Gotham Central vol. 4: The quick and the dead
Penciller: Gotham Central #28-#29-#31, Gotham Central Book 3: On the freak beat, Gotham Central vol. 4: The quick and the dead
What a fantastic interview. Throughly enjoyed this and all the gorgeous artwork!
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Thanks Paul!
This interview is the result of the availability of the excellent Stefano Gaudiano and a little of our curiosity as comic fans.
You’re right Paul, Stefano Gaudiano’s works are splendid works of art!
Thanks for your attention.
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