"Non è tanto chi sono, quanto quello che faccio, che mi qualifica" ________________________________________________ "It's not who I am underneath, but what I do that defines me." ("Batman Begins")
Gal Gadot e un’altra iconica Wonder Woman, Lynda Carter, il nuovo Batman Robert Pattinson, insieme, fra gli altri, a Viola Davis, Chris Pine, Idris Elba, Robin Wright, Nathan Fillion, Kristen Wiig, Neil Gaiman, Zack Snyder, Ziggy Marley, Matt Reeves, Darren Criss, Venus Williams, saranno fra i protagonisti in un parterre di oltre 300 tra attori, registi, artisti del set e autori, del Dc Fandome. E’ il grande evento immersivo virtuale gratuito di 24 ore (per accedere basterà andare su www.dcfandome.com) organizzato dalla Warner Bros che si terrà il 22 agosto, con il via alle 10 di mattina, Pacific Daylight Time, che corrispondono alle 19 in Italia. Una celebrazione a 360 gradi del multi-universo Dc Comics, dai grandi film alle serie live action, dai giochi ai fumetti.
In scaletta oltre 40 ore di programmazione dedicate al passato, il presente e il futuro della Dc. Ci saranno moderatori da 15 nazioni (Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Messico, Sudafrica, Sud corea, Spagna, USA e Gran Bretagna) e gli eventi saranno disponibili in nove lingue: portoghese cinese, inglese, francese tedesco, italiano, giapponese, coreano, Spagnolo. Sarà l’occasione per vedere scene in anteprima mondiale, dietro le quinte, e scoprire ultime notizie e annunci su serie e film: da The Batman di Matt Reeves con Pattinson ‘uomo pipistrello’ e Zoe Kravitz nel ruolo di Catwoman, in arrivo a ottobre 2021, a reboot della serie Superman & Lois interpretata da Tyler Hoechlin e Elizabeth Tulloch, in arrivo negli Usa a gennaio 2021; da Wonder Woman 1984, sequel di Patty Jenkins con Gal Gadot nei panni della supereroina, che debutta a ottobre dopo i vari rinvii dell’uscita per il covid-19, alla serie Batwoman, che avrà nella seconda stagione una nuova protagonista, l’afroamericana Javicia Leslie, scelta dopo l’addio al ruolo di Ruby Rose.
Fra gli altri titoli in primo piano: il film sull’antagonista di Shazam, Black Adam con Dwayne Johnson, in arrivo a Natale 2021; il director’s cut di Zack Snyder per Justice League (2017); Shazam! di cui è in scrittura il sequel. L’immagine qui sotto anticipa anche un altro lungometraggio molto atteso.
Oggi ha il volto di Gal Gadot, ma fino a poco tempo fa la Wonder Woman per antonomasia era Lynda Carter, star della celebre serie del 1975-1979. Pochi sanno però che la principessa amazzone è stata al centro di altri progetti televisivi che non sono mai andati oltre il pilot.
1. 1967: una sit-com maschilista
Il primo ad avere l’idea di fare di Wonder Woman un’eroina televisiva fu nel 1967 William Dozier, nientemeno che il creatore della celebre serie Batman (1966-1968) con Adam West. Coinvolgendo uno degli sceneggiatori della serie, Stanley Ralph Ross (ma anche Stan Hart e Larry Siegel, che saranno poi autori del programma comico The Carol Burnett Show) realizzò un episodio pilota di circa 4 minuti allo scopo di coinvolgere nel progetto una grande produzione. Il corto si intitolava Wonder Woman: Who’s Afraid of Diana Prince?
La protagonista, interpretata dall’attrice Ellie Wood Walker, vive a casa con la madre. Una sera, mentre legge il giornale così distrattamente da cadere dalla poltrona, a causa di un tremendo temporale decide di andare in soccorso di Steve (Trevor?), in volo con il suo aereo. L’autoritaria madre le impedisce di uscire prima di aver finito la cena, lamentandosi su quale orribile sciagura sia avere una figlia adulta e non sposata in casa. Diana fa perno su una porta girevole, da cui un istante dopo esce indossando il costume di Wonder Woman (in una versione alquanto imbarazzante). Una voce narrante decanta con ironia i tradizionali attributi di Wonder Woman – «Lei sa di essere forte come Ercole, saggia come Atena, veloce come Mercurio ed è convinta di essere bella come Afrodite…» – e nel frattempo l’eroina si contempla allo specchio con mosse vanesie e vezzose, vedendosi più affascinante di quello che è visto che il suo riflesso ha le fattezze di Linda Harrison (in sottofondo, le note di Oh, You Beautiful Doll!). Finalmente, pronta a salvare il mondo, vola comicamente dalla finestra.
L’obiettivo era evidentemente quello di creare una sit-com con al centro non tanto le imprese di Wonder Woman quanto il suo poco edificante rapporto con la famiglia (come Captain Nice, serie dello stesso anno). La costruzione di un’eroina così risibile si basava, peraltro, su un repertorio ben riconoscibile di stereotipi maschilisti e misogini. Del resto anche il titolo, che fa eco al film del 1966 Chi ha paura di Virginia Woolf?, non fa che rimarcare la scarsissima credibilità di questa Wonder Woman. L’esperimento non andò oltre i 4 minuti del pilot. Sta di fatto che, grazie a quel progetto, Ellie Wood Walker e Linda Harrison furono le prime donne a vestire i panni della principessa amazzone in una pellicola.
2. 1974: bionda, senza superpoteri
Il secondo tentativo di portare Wonder Woman in tv è un film del 1974, anche questo pensato come pilot per un’ipotetica serie. Scritto da John D.F. Black, sceneggiatore di crime movie, il film mostra un’eroina molto diversa da quella dei fumetti.
Interpretata da Cathy Lee Crosby, Wonder Woman è bionda. Non indossa la tiara né il costume classico, ma un miniabito che ricorda vagamente una tuta sportiva. Non maneggia il lazo dorato ma un bastone. Non ha superpoteri, ma fa arti marziali. Ha abbandonato le sue sorelle amazzoni per andare a vivere nel mondo degli uomini, dove viene conosciuta come Wonder Woman ma anche come Diana Prince (Dee per gli amici). Diventa un’agente segreta, assistente di Steve Trevor. Le viene affidata la missione di recuperare dei documenti del Pentagono sottratti dai cattivi di turno e nascosti nella sella di un asino.
Pensare una serie con una supereroina senza superpoteri sembra un’idea bizzarra e anche un po’ inutile. Ma tutto ha una spiegazione. Nel 1968 lo sceneggiatore Denny O’Neil e il disegnatore Mike Sekowsky introdussero nella serie a fumetti un cambio radicale nel personaggio di Wonder Woman, inaugurando la cosiddetta “Diana Prince era”. In queste storie l’amazzone rinuncia ai poteri e al costume, apre una boutique, cambia diversi fidanzati e combatte i cattivi a colpi di kung fu. Wonder Woman tornerà al suo splendore solo nel 1972, anche grazie all’intervento della femminista Gloria Steinem che, dando voce a un’ampia fetta di pubblico, sostenne la necessità di restaurare l’immagine originale della supereroina più rappresentativa del girl power.
Forse anche a causa di questo clima di “ritorno alle origini”, la Wonder Woman della Crosby non convinse per niente la ABC. Così, l’anno successivo fu realizzato un altro film pilot, The New Original Wonder Woman, molto più fedele all’eroina dei fumetti, con l’ex reginetta di bellezza Lynda Carter. Il resto è storia. Una chicca: nello speciale Wonder Woman ’77, ispirato proprio alla serie con la Carter, fa una comparsata la Wonder Woman bionda. È una sorta di versione alternativa dell’eroina con cui la vera amazzone deve confrontarsi.
3. 2011: una specie di Ally McBeal
Il terzo progetto di serie televisiva è stato concepito nel 2011. Sembrava nascere sotto i migliori auspici, che avevano il nome e cognome di David E. Kelley, autore di serie di successo, soprattutto legal drama. Un po’ sulla falsariga della sua creazione più famosa, Ally McBeal, la sua idea era quella di concentrarsi sulla vita privata dell’eroina, interpretata stavolta da Adrianne Palicki.
Wonder Woman è l’eroina che protegge Los Angeles, ma tutti sanno che è Diana Themyscira, a capo delle Themyscira Industries, fondate sullo sfruttamento commerciale della sua immagine. Diana ha anche una terza identità, questa volta segreta: assumendo il cognome di Prince, si rifugia in un triste appartamento che divide con un gatto, dove, guardando film d’amore, è libera di ripensare a Steve Trevor, l’ex-fidanzato che le ha spezzato il cuore. Presto si scontra con le trame di Veronica Cole (Liz Hurley), donna d’affari senza scrupoli che commercializza farmaci mortali. Può però contare su un alleato nelle forze dell’ordine, il detective Ed Indelicato (un ancora sconosciuto ma già notevole Pedro Pascal, oggi famoso per aver interpretato Oberyn Martell e Javier Peña).
Il pilot ha una cifra smaccatamente trash, un trash che non è solo esasperazione ironica dell’elemento pop legato alla serie con la Carter. Per niente raffinato è il costume della protagonista, che – sia nella versione con pantaloni da cavallerizza che in quella tradizionale – definire sexy è un eufemismo. Poco elegante è anche il modo in cui si gioca con l’immagine provocante dell’eroina: durante una riunione d’affari Diana cestina il design delle nuove action figures da mettere in vendita, chiudendo la discussione con la frase «Non ho mai detto di fare merchandising con le mie tette!» (sic!), mentre in varie scene successive la telecamera indulge proprio sul suo generoso decolleté. Inoltre, il modus operandi dell’eroina è a tratti disturbante: non esita a torturare un sospettato costretto in un letto d’ospedale per ottenere informazioni (con buona pace del lazo della verità), e nel combattimento finale inchioda un uomo ad una porta trafiggendogli la gola con una spranga. Questa spietatezza si spegne poi nella scena finale: dopo essere stata applaudita per la sua vittoria sui cattivi come Wonder Woman, in veste di Diana Prince torna a casa e si iscrive a Facebook, specificando di essere single dopo aver scoperto che l’ex si è sposato.
Anche in questo caso il progetto non superò la prova del pilot. Forse perché, come dimostra il successo ottenuto dal film di Patty Jenkins, concepito per piacere agli spettatori ma anche alle spettatrici, in questo momento storico almeno il 50% del pubblico non ha voglia di assistere alla trasformazione di un’eroina iconica in un’ennesima macchietta stereotipata. David E. Kelley ha commentato il suo insuccesso così:
Penso ancora che il progetto sia buono per una serie televisiva. Che sia maturo. Abbiamo fatto degli errori. Il mio unico rimpianto è che non abbiamo avuto la possibilità di correggerlo. C’erano un sacco di cose che funzionavano e un grande cast. Nel tempo avremmo messo a posto quello che non andava, ma non ne abbiamo avuto l’occasione. Tutte le mie serie sono state un work in progress almeno fino al terzo, quarto o quinto episodio. Questo progetto ha preso forma più rapidamente di quanto mi sia successo in passato. Siamo arrivati a questo risultato e avrei voluto lavorarci ancora un po’. Credo nel potenziale di questa serie. Penso sarebbe stato un grande successo.
Chi è rimasto affascinato da Adrianne Palicki in versione supereroina, potrà seguirla altrove, e in altre vesti super, ovvero in Agent of S.H.I.E.L.D., dove interpreta Bobbi Morse alias Mimo.
Ora, l’attrice 66enne, nota in tutto il mondo per aver dato il volto alla supereroina per eccellenza nella serie tv anni 70, ha la probabile la possibilità di realizzare un cameo nel nuovo capitolo dedicato all’amazzone dell’isola Paradiso.
Quasi certamente non indosserà l’iconico costume rosso, bianco, blu e oro, ma Lynda Carter è in trattativa per apparire nella “Wonder Woman” 2 insieme a Gal Gadot.
La Carter, che ha interpretato la super eroina dei fumetti DC nella serie TV degli anni ’70, è apparsa nel “Today Show” e ha rivelato che lei e la regista Patty Jenkins stanno discutendo un cameo per lei nel sequel, secondo il Daily Mail.
“Mi ha dato qualche suggerimento e immagino che spetti alla Warner Bros. se vogliono spendere i soldi”, ha detto la Carter.
Il sequel, che è previsto per il rilascio nel novembre 2019, vedrà Gadot tornare come Wonder Woman/Diana Prince, e porterà in serie il nuovo arrivato Kristen Wiig come il suo acerrimo nemico Cheetah feroce guerriera dalla grande forza fisica interpretata, per l’occasione, da Kristen Wiig. Il primo capitolo del 2017 ha guadagnato $ 821 milioni in tutto il mondo, e $ 412 milioni negli USA, secondo il Box Office Mojo.
Intanto la regista del nuovo film Patty Jenkins, è stata ospite al Cinema Con di Las Vegas e ha confermato ai presenti che Wonder Woman 2 si ambienterà negli anni ’80!
L’attrice 66enne ha ricevuto il riconoscimento riservato alle più grandi star hollywoodiane. Alla cerimonia ha presenziato anche Patty Jenkins, la regista dell’ultimo film Wonder Woman del 2017 con Gal Gadot e non solo la stessa Gadot le ha riservato un augurio speciale con un proprio tweet.
La Wonder Woman originale s’è aggiudicata una stella sulla prestigiosa Walk of Fame di Hollywood. Lynda Carter 66enne, nota in tutto il mondo per aver dato il volto alla supereroina per eccellenza nella serie tv Anni 70, ha ricevuto il riconoscimento riservato alle più grandi star.
Originaria di Phoenix, in Arizona, la sua è la stella numero 2632 sulla celebre via di Los Angeles. Alla cerimonia ha presenziato anche Patty Jenkins, la regista dell’ultimo film su Wonder Woman del 2017 con Gal Gadot.
In una lunga intervista rilasciata al Daily Beast qualche settimana fa, l’attrice ha trovato i coraggio di raccontare le aggressioni subite circa 40 anni fa. Nessun nome ma in molti leggono chiari riferimenti al comico Bill Cosby: «In questo momento [il violentatore] sta affrontando una sorta di punizione divina». La Carter racconta di essere stata abusata più volte, anche sul set e commenta i positivi effetti del movimento #metoo, ricorda di aver più volte pensato di denunciare l’autore delle violenze, ma di non aver mai trovato il coraggio per farlo. Ma ora grazie al crescere del movimento ha deciso di uscire allo scoperto raccontando questa sua ferita.
Lynda Carter riceve la sua stella sulla Hollywood Walk of Fame
Lynda Carter dotata di una straordinaria bellezza, nel 1972 partecipa a Miss Stati Uniti nel mondo arrivando in semifinale. Diventò popolare a metà Anni 70 interpretando la supereroina per eccellenza. Viene eletta nel 1978 The Most Beautiful Woman in the World dalla International Academy of Beauty. Dopo il successo nelle tre serie di Wonder Woman andate in onda dal 1975 al 1979, la Carter partecipò a Smallville, Law & Order, Hazzard, Sky High – Scuola di superpoteri. Oggi è sposata con l’avvocato Robert Altman e si dedica al canto. Nel 2011 è uscito il suo terzo album Crazy Little Things. Ma ancora oggi non rinuncia a recitare parti molto interessanti come nelle serie televisiva Supergirl nel ruolo ricorrente di Presidente degli Stati Uniti d’America.
Con: Lynda Carter, Lyle Waggoner. Produzione: Usa, 1975, avventura/fantastico, colore (58 episodi da 60′; 2 episodi da 90′).
La prima super-eroina delle strips americane, creata dallo psicologo William Moulton Marston in coppia con il disegnatore Harry G. Peters nel 1942, approda in televisione grazie all’atletica Lynda Carter, ex Miss Universo e Miss America. Tuttavia nel primo ciclo (inedito in Italia), a interpretare la “donna meravigliosa” apparsa per la prima volta nell’albo “Sensation Comics”, fu chiamata Cathy Lee Crosby. Le storie ricalcano fedelmente il fumetto: Wonder Woman, la cui stirpe nasce nel 200 a.C. sull’isola del Paradiso per desiderio di Afrodite (qui vi narriamo le origini del personaggio), deve vedersela contro i nazisti nel corso della Seconda guerra mondiale. Nella seconda stagione (quella con la Carter) l’ambientazione viene attualizzata e la nostra combatte contro criminali dei giorni nostri e terroristi internazionali. Avvenente, dotata di superpoteri fisici e intellettuali, quando non indossa il costume da eroina — riproducente la bandiera americana — conduce una vita qualunque con il nome di Diana Prince. Sempre nel secondo ciclo Wonder Woman s’innamora del maggiore Steve Trevor (Lyle Waggoner), membro dell’International Agency Defense Command: al contrario del fumetto, dove la nostra non provava alcun interesse romantico e non nascondeva un ceno odio per gli uomini.
Tra le altre differenze rispetto alla versione disegnata: nel telefilm l’eroina perde le sue facoltà se non indossa la cintura (nelle strips a donarle la forza erano i bracciali); nel serial la nostra è in grado di replicare alla perfezione la voce di chiunque (nell’originale su carta non c’è traccia di questa dote). Debra Wmger compare in qualche puntata nelle vesti di Drusilla, la sorella minore di Diana che cela l’identità di Wonder Girl. I produttori esecutivi della serie sono Douglas S. Cramer e Wilfred Baumes. Stanley Ralph Ross è l’ideatore dell’ adattamento televisivo. La colonna sonora è composta a quattro mani da Charles Fox — autore del tema musicale — e Norman Gimble. Nel 2000 la Mattel ha messo in commercio la Barbie “Wonder Woman”, riproducente il personaggio interpretato da Lynda Carter quasi un quarto di secolo prima.
Una curiosità: il super-potere che rende l’eroina invincibile si chiama “Feminum”, in linea perfetta con le campagne anti-maschiliste degli anni Settanta.
Un’altra curiosità che farà impazzire i cultori dei telefilm DC Comics: Steve Trevor, ovvero l’attore Lyle Waggone è stato Batman
Nel 1966 per screen test fu scelto Lyle Waggoner come Bruce Wayne/Batman nella lavorazione della serie TV. Ma alla fine si scelse di girare con Adam West. Solo nove anni dopo Waggoner fu scelto per la parte di Steve Trevor nella serie TV di Wonder Woman con Lynda Carter. Qui di seguito troverete qualche test screening.
La DC Exhibition – Dawn Of Super Heroes presenta oltre 200 fumetti originali, circa 300 schizzi preparatori e concept art per il cinema, insieme a 45 costumi originali, modelli e oggetti di scena usati negli iconici film della DC Comics. I fan che visiteranno The DC Exhibition – Dawn Of Super Heroes saranno in grado di percorrere un percorso guidato, che si svolge in ordine cronologico, e in ogni stanza si sentiranno come trasportati nel magico mondo del mitico Universo DC.
A partire da Metropolis, la casa di Superman, i visitatori avranno la possibilità di scoprire il mondo di tutti i loro personaggi DC Comics preferiti e assistere ad una rassegna impressionante come ad esempio la galleria di Super Villains con The Joker, The Penguin e Mr. Freeze, nonché una panoramica sul mondo fittizio di Batman di Gotham City.
La rassegna espositiva comprende disegni originali della scuderia DC dei famosi Supereroi e Super Villains, i costumi originali dei film di successo DC tra cui il famoso mantello indossato da Christopher Reeve nei film di Superman e l’iconico costume di Wonder Woman di Lynda Carter degli anni ’70.
Sono inclusi anche costumi e oggetti di scena di film più recenti come; Il franchise di Batman dal 1989 al 1999 diretto da Tim Burton e Joel Schumacher,
Questa mostra, accompagnata da colonne sonore originali dei film e delle serie DC, presenterà i disegni originali della scuderia DC dei famosi Supereroi e Super Villains, oltre a scene e punti di riferimento iconici, di artisti di fama mondiale tra cui Jim Lee (qui una sua intervista a Lucca Comics 2012 ripresa da noi insieme a Geff Johons), Bob Kane (di cui siamo in grado di mostrarvi una sua intervista sottotitolata qui), Neal Adams , Frank Miller, Alex Ross e molti altri. Mostrerà quasi un secolo di creazioni artistiche che hanno seguito l’introduzione di un nuovo genere innovativo immaginato da due adolescenti di Cleveland, Joe Shuster e Jerry Siegel, i creatori di Superman. Introdotto per la prima volta in Action Comics n. 1 nel 1938, Superman, il primo Supereroe ufficiale del mondo, ha rapidamente rivoluzionato l’era, influenzando arte, letteratura, moda, TV e cinema.
La forza figurativa e narrativa di DC Superheroes deriva dal fatto che i loro creatori non hanno solo immaginato un genere, ma hanno anche inventato tutti i suoi elementi. Mentre storie medievali, romanzi polizieschi e western usano tutti riferimenti autentici dell’epoca, i creatori di Supereroi hanno inventato i costumi, le ambientazioni e gli emblemi per i loro personaggi. La grafica e la tavolozza dei colori di questi nuovi eroi (e dei loro formidabili nemici) ha continuato a dare vita ai personaggi e stimolare l’immaginazione di generazioni di lettori.
Il rapido successo di Superman ha velocemente ispirato altri editori e un giovane artista con il nome di Bob Kane, che insieme a Bill Finger, ha creato il personaggio di “Bat-Man” (così veniva chiamato all’epoca), un nuovo straordinario eroe le cui prime avventure sono state presentate su Detective Comics n. 27 il 30 maggio 1939.
Mentre Superman è un campione instancabile dedicato a proteggere la vita e combattere l’ingiustizia con la sua schiera di superpoteri e abilità, Batman è l’uomo mortale che combatte il crimine usando il suo intelletto, allenamento fisico e un arsenale di gadget e veicoli sviluppati usando la sua vasta ricchezza e risorse. Sono due opposti: il quasi-dio e il semplice mortale. Tuttavia, questa mitologia contemporanea non sarebbe stata completa senza la presenza fondamentale di Wonder Woman, un personaggio che divenne un pioniere e un simbolo per la pace, la giustizia e l’uguaglianza. Superman, Batman e Wonder Woman hanno definito il genere su cui si basano tutti i successivi Supereroi.
La DC Exhibition – Dawn Of Super Heroes onora perfettamente questo contributo artistico essenziale e visionario, che ha influenzato la sua era ed è ora parte integrante sia della cultura moderna che della nostra immagine della mitologia contemporanea.
La mostra è ospitata presso The O2 a North Greenwich, Londra. The O2 Arena, conosciuta anche con il nome di North Greenwich Arena, è un’arena coperta polifunzionale situata all’interno del salone espositivo The O2 di Londra. Come destinazione principale a Londra L’O2 è facilmente raggiungibile con tutte le forme di trasporto:
QUANDO
23 febbraio 18 – 09 settembre 18, 10:00 – 19:30
PREZZO
£ 18 +
Visitatori internazionali
L’Eurostar ferma alla stazione di St. Pancras, molto vicino a Kings Cross. Prendi la metro o l’autobus da lì. L’aeroporto di London City si trova sulla DLR. Heathrow, Gatwick e Stansted offrono servizi ferroviari espressi verso Paddington, Victoria e Liverpool Street. Prendi il tubo o l’autobus dalla tua stazione.
Viaggiando in metropolitana
La stazione di North Greenwich si trova sulla Jubilee Line nelle zone 2 e 3. Arrivare qui dal centro di Londra in 20 minuti o Stratford in 10 minuti.
Viaggiare in autobus
Prendi il 108, 129, 132, 161, 188, 422, 472 o 486. Si fermano tutti alla stazione di North Greenwich.
Per ulteriori informazioni potete scrivere a: customerservices@cidexhibitions.com
Qui in Italia, almeno per il momento, la DC Comics ha già realizzato diverse mostre di cui vi abbiamo documentato:
Il film dedicato a Wonder Woman ha già raccolto incassi stellari come quelle disegnate sui suoi short. Eppure questa Principessa Diana di Themyscira cinematogafica non ha pantaloncini stellati o altro nella sua uniforme che ci ricordino le stars and stripes della bandiera degli USA. Non è neanche un pallido ricordo della Wonder Woman televisiva interpretata da Lynda Carter nel 1976 e di cui tutti gli adolescenti dell’epoca s’innamorarono. In effetti, era anche lei un simbolo che rappresentava gli Stati Uniti d’America e i suoi ideali di libertà e democrazia (e potenza bellica), alla pari di Superman. In epoca pre-Crisis, quando tutto era più innocente e gli eroi erano senza macchia e senza paura, non avrebbe potuto essere altrimenti in casa DC Comics. Soltanto dopo quello spartiacque, l’arrivo delle sceneggiature di Alan Moore in suolo americano e la discesa di tutta la new wave di autori britannici, avremmo cominciato a considerare sia Superman che Wonder Woman di quel periodo un po’ stucchevoli e infantili. Nel caso della Principessa Amazzone, con il passare degli anni e con i gusti dei lettori diventati più smaliziati, l’ideale dell’icona americana è andato sbiadendosi sempre più fin quasi a scomparire.
Questo film è la celebrazione della non-americanità di Diana, di Themyscira appunto. Viene chiamata Wonder Woman dai media americani, come al solito sono loro che danno il nickname – come diremmo oggi – ai super-eroi, per darle ugualmente un senso di appartenenza statunitense. È anche la celebrazione dell’origine divina di Diana e della perdita dell’innocenza nel più classico percorso di formazione che la porta a incontrare un’Umanità sessista e retrograda rispetto alla società matriarcale in cui è cresciuta. Ovvero a crescere e cambiare, anche se a molti critici questo non è piaciuto, trovandola invece una forte incongruenza nella trama, nel carattere del personaggio. Nella pellicola di Patty Jenkins c’è finalmente il recupero metaforico della Dea Madre che trasmette amore e affetto per l’Umanità venuta alla luce dal suo grembo, come viene descritta e sottolineata con precisione nel breve trattato postato su facebook da Alessandro Di Nocera. L’insegnante partenopeo sostiene che l’intento di William Moulton Marston, creatore del personaggio di Wonder Woman ed eminente psicologo, fu quello di fornire agli adolescenti di inizio anni ’40 una figura femminile eroica ma dotata di amore materno ed emancipazione, senza alcun ammiccamento all’erotismo che una figura di questo tipo, con gonnellino svolazzante e body dal quale strabordavano le curve giunoniche, avrebbe potuto far nascere in mezzo a una miriade di omaccioni super-muscolosi con poteri inimmaginabili ma con le mutande sopra i pantaloni della tuta. Insomma, come scritto da Di Nocera, Wonder Woman è una figura femminista ante-litteram priva di spigolature pruriginose e anzi tesa al far avvicinare ai comics il pubblico femminile, genericamente refrattario ai fumetti di supereroi. Tutto questo traspare proprio nel film che si va a incastonare nel grande mosaico del DC Comics Extended Universe, il DCEU che si sta delineando pellicola dopo pellicola prodotta dalla Warner Bros.
Diana viene cresciuta a Themyscira con gli insegnamenti della madre, la Regina Hyppolita, e delle compagne Amazzoni. Sono insegnamenti di guerra ma anche di amore e giustizia. Diana è greca, tutte le Amazzoni lo sono, e durante il film si evince che in passato hanno dovuto auto-esiliarsi sull’Isola Paradiso, Themyscira appunto, a causa di una dura guerra contro gli uomini il cui unico scopo era sottometterle e conquistarle, guidati dallo spirito del Dio della Guerra, il mitologico Ares (o Marte per i latini). Da qui in poi l’avventura di Diana si sviluppa linearmente seguendo il tipico clichè del viaggio dell’Eroe, dopo l’incontro fortuito con il Capitano Steve Trevor e il suo salvataggio in mare. Quello che però salta all’occhio è finalmente un totale richiamo al fumetto che permea tutto il film, molto più marcato delle precedenti pellicole del DCEU. Ovvero, il riferimento è quello del post-Crisis: tutto ma proprio tutto è un omaggio a George Pérez, come c’è scritto in modo palese anche nei titoli di coda. Ed è questo lo spirito con cui godersi al cinema il film dedicato a Wonder Woman, gli appassionati vi riconosceranno parecchie citazioni alla leggendaria run creata dagli immortali disegni e dalla munifica penna di Pérez. Per il resto, Diana di Themyscira va vista per quello che è: la Dea salvifica e materna che comincia il suo percorso in mezzo all’Umanità (che sia americana non ha importanza – è un dettaglio che abbia fatto il suo ingresso durante la Prima Guerra Mondiale dalla parte dei giusti, infatti all’inizio ha molti dubbi) con un’ingenuità e una bontà disarmanti ma pronta a sfoderare tutta la violenza di cui è capace per difendere quei valori divini sbiaditi ma che, come ha spiegato in maniera esaustiva Di Nocera, hanno ripreso colore con Alan Moore prima, con George Pérez poi e con questo film ora.
Batman v Superman: Dawn of Justice, il film che ha messo faccia a faccia i due supereroi della DC Comics per antonomasia, ovvero l’Uomo Pipistrello e l’Uomo d’acciaio, ha riscosso un enorme successo al botteghino, accontentando anche i fan dei due personaggi.
Qualcuno, però, deve essersi fatto prendere dalla nostalgia, perché su Youtube è stato pubblicato un finto trailer che reimmagina il film non con i suoi due effettivi protagonisti, ovvero Ben Affleck ed Henry Cavill, bensì con due interpreti storici di Batman e Superman.
Stiamo parlando di Michael Keaton, protagonista delle due pellicole su Batman dirette da Tim Burton, e Christopher Reeve, il compianto interprete del più celebre Superman cinematografico. Il finto trailer attinge a scene dei loro film, per cercare di immaginare un ipotetico scontro tra titani.
Nel video pubblicato su Youtube compaiono anche Gene Hackman, interprete di un memorabile Lex Luthor, e Lynda Carter, nota ai più nei panni di Wonder Woman nell’omonima serie tv. Al posto del temibile Doomsday, invece, è stato riesumato un vecchio nemico di Superman, ovvero l’Uomo Nucleare.
Contestata la scelta del celebre personaggio dei fumetti della DC Comics come un simbolo della parità di genere. Quale è il vostro parere?
Wonder Woman diventa ambasciatrice onoraria delle Nazioni Unite per la parità di genere. La cerimonia è stata organizzata presso la sede del Consiglio sociale delle Nazioni Unite a New York alla presenza del segretario generale Ban Ki-Moon, dell’attrice Lynda Carter, che vestì i panni del personaggio nella serie tv degli anni Settanta, e di Gal Gadot, che invece è il nuovo volto cinematografico di un’eroina in realtà appartenente al nostro immaginario. Wonder Woman, il cui vero nome è Diana Prince, è la super eroina creata per fumetti della DC Comics da William Moulton che proprio il 21 ottobre di quest’anno ha compiuto 75 anni.
La polemica – Questa onorificenza ha però scatenato qualche polemica perché da più parti è stato sollevato il dubbio che Wonder Woman non rappresenti l’emancipazione femminile. Fra le reazioni più dure sollevatesi all’interno della comunità femminista si legge quella di WomanSG, l’organizzazione nata per favorire l’elezione di una donna alla guida dell’Onu, che si è detta “estremamente delusa del fatto che “una versione muscolare della bambola Barbie” potesse essere eletta a modello di emancipazione femminile. La situazione si è talmente infiammata negli Stati Uniti da provocare una petizione online in cui si chiede di ripensare alla scelta di rendere l’eroina un’ambasciatrice onoraria.
Lynda Carter, che vestì i panni del personaggio nella serie tv degli anni Settanta e Gal Gadot, che invece è il nuovo volto cinematografico
La scelta dell’Onu- Prima di orientare la scelta su Wonder Woman l’Onu, alla ricerca di un simbolo moderno per il quinto (l’uguaglianza tra uomini e donne) dei 17 punti dedicati alla crescita sostenibile nell’Agenda 2030, ha scartato sette personaggi femminili. Poi, a inizio ottobre, l’annuncio: non sarà una persona, ma un fumetto a portare le insegne della parità di genere. L’eroina viene dunque consacrata ufficialmente nel suo ruolo di guida per “donne e ragazze” nella loro “lotta per la parità di genere portando cambiamenti positivi nelle loro case”, scrive l’Onu.
Un problema di outfit – Altro tema particolarmente controverso in relazione a questa scelta, almeno negli Stati Uniti, è quello legato al costume del personaggio dei fumetti, come raccontanto anche dal New York Times. Per il momento resta la promessa della DC Entertainment, l’editore di Wonder Woman: l’eroina sarà “regale” ed “appropriata”, con un look che sia “nobile” e “forte”, ma che lasci intatto il suo “appeal mondiale”.
Wonder Woman al cinema – Oltre che nel celebre fumetto nato nel 1941, e nella serie tv andate in onda la prima volta fra il 1975 e il 1979 per tre stagioni, come sappiamo, il super eroe femminile è stato già protagonista sul grande schermo nel film “Batman v Superman”, con l’interpretazione proprio della Gadot. Mentre nel 2017 il personaggio è atteso in veste di assoluto protagonista nella pellicola (in parte girata a Matera) intitolata “Wonder Woman”, sotto la direzione di Patty Jenkins e comparirà anche nei film “Justice League” e “Justice League 2”, che metteranno in scena il nutrito gruppo di eroi della DC come Flash, Superman e lo stesso Batman.