Gli eredi di Bob Kane e Bill Finger: da Jerry Robinson a Frank Miller

Anche se fino al 1968 tutte le storie di Batman recavano in testa alla prima tavola soltanto il nome di Bob Kane, dietro la realizzazione delle storie c’è sempre stata una vera e propria factory, una fabbrica. Con Finger e Kane hanno collaborato fin dall’inizio Gardner Fox (1911-1986) e, soprattutto in qualità di assistente disegnatore e inchiostratore, Jerry Robinson (1922-2011).

Gardner Francis Cooper Fox (Brooklyn, 20 maggio 1911 – Princeton, 24 dicembre 1986)
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Addio a Neal Adams: morto a 80 anni il fumettista che reinventò Batman

Alla fine degli anni Sessanta entrò alla DC Comics e lavorò al personaggio di Deadman. Lavorò anche per la Marvel, agli X-Men e The Avengers. Il suo lavoro più importante è stato quello sulla serie ambientata a Gotham, conferendole atmosfere cupe e modificando “villains” come Joker.

Neal Adams, famoso fumettista che negli anni Settanta ha reinventato Batman, è morto giovedì 28 aprile a New York a causa di complicazioni dovute a una sepsi. Aveva 80 anni. A riportare la notizia è il sito The Hollywood Reporter.

Neal Adams a Lucca Comics 2018
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Ra’s Al Ghul compie 50 anni

Ra’s Al Ghul esordisce nel 1971 grazie a un’idea di Dennis O’Neil (morto l’11 Giugno 2020) e Neal Adams. Sono passati 50 anni e il leader della Lega degli Assassini resta uno degli avversari più formidabili e pericolosi di Batman, peraltro uno dei pochi a conoscerne la reale identità del Cavaliere della Notte.

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Intervista al disegnatore Stefano Gaudiano: fan Marvel “trafitto” dal lavoro di Frank Miller su Batman

Inchiostri e disegni su Batman, la sua Bat famiglia, Catwoman, Gotham Central, Dceased (la grande saga della DC Comics in cui svariati personaggi di quest’Universo fumettistico verranno infettati e trasformati in zombie grazie al rilascio di un potente e misterioso tecno-virus), Reed Hood. Queste sono solo alcune delle testate, su cui ha lavorato uno tra i migliori artisti italiani della nona arte: Stefano Gaudiano. Classe 1966, lavora per gli Stati Uniti e si è trasferito a vivere lì fin dal 1981, ma senza mai dimenticare le sue origini e la sua terra. Il suo tratto è caratterizzato da uno stile graffiante e sporco al punto giusto, che lo porta a collaborare con team grafici e sceneggiatori eccellenti. Abbiamo il piacere di poterlo ospitare sul nostro blog per una speciale intervista arricchita dalle sue tavole.

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Addio a O’Neil, papà del Batman “dark”

Lo scrittore e sceneggiatore statunitense è morto l’11 Giugno 2020 a 81 anni. Con lui le storie dell’uomo-pipistrello hanno acquisito un carattere oscuro.

Lo scrittore e sceneggiatore statunitense Dennis “Denny” O’Neil, autore ed editore di fumetti noto per il suo iconico lavoro su Batman, che rilanciò facendone un personaggio dark rispetto alla creazione originale di Bob Kane (1995-1998) con Bill Finger (1914-1974), è morto a 81 anni per cause naturali.

L’annuncio è stato dato su Twitter da Jim Lee, top manager di Dc Comics,  storica casa editrice a fumetti dei supereroi americani. «Denny è stato uno dei primi scrittori a portare attenzione alle questioni sociali, spingendo i fumetti a una maggiore rispettabilità e accettazione come forma d’arte», ha scritto Jim Lee.

La carriera
Nato a St. Louis il 3 maggio 1939, agli inizi degli Anni 60 O’Neil, all’epoca giornalista a Washington, fu assunto dal leggendario Stan Lee come assistente editor per Marvel Comics, dove lavorò a progetti che sono diventati successivamente pietre miliari nel mondo dei fumetti, scrivendo per Amazing Spider-Man, Iron Man e Daredevil. Entrato in seguito alla Charlton Comics a fianco di Dick Giordano, quando quest’ultimo passò a Dc Comics, O’Neil lo seguì, occupandosi delle sceneggiature delle serie Wonder Woman, Justice League of America, Superman e Lanterna Verde.

La nuova vita dell’uomo-pipistrello
O’Neil in coppia con Neal Adams rilanciò il personaggio dell’uomo-pipistrello Batman (che esordì nel 1939), creando personaggi come Ra’s al Ghul, Talia al Ghul, Leslie Thompkins, Azrael e Richard Dragon. Dopo un lungo periodo di storie dai contenuti più allegri, a fine anni Sessanta O’Neil arrivò anche alla guida come editore delle pubblicazioni di Batman: è suo il merito di aver riportato il cavaliere nell’ombra, virando le storie verso toni più oscuri, con l’uso di una narrazione realistica, dai tratti a volte horror.

 

I nemici

Altro espediente adottato da O’Neil per contribuire al revival di Batman fu la reintroduzione dei nemici come Joker o Due Facce. Come autore ed editore ha seguito tutte le pubblicazioni a fumetti di “Detective Comics”, “Batman” e “Batman: Legends of the Dark Knight” (dal 1989), dove rafforzò il legame del supereroe con l’animale suo simbolo, il pipistrello. Ha curato la stesura delle sceneggiatura di tutti i volumi di Batman per conto della Dc Comics dal 1986 al 2000. Come editor ha portato il fumettista Frank Miller alla Dc Comics promuovendo la sua miniserie “Batman: Il ritorno del Cavaliere Oscuro”. O’Neil si è occupato inoltre degli adattamenti dell’arco narrativo di “Batman: Knightfall” (1994) e ha seguito da vicino la realizzazione delle pellicole cinematografiche “Batman Begins” (2005) e “Il cavaliere oscuro” (2008).
FONTE: [LA STAMPA]

Batman v Joker: le 10 migliori storie

Esiste una rivalità nei fumetti più iconica di quella tra Batman e il Joker? Molti eroi hanno nemici, ma pochi hanno personalità diametralmente opposte raccontate in modo così perfetto. Il Joker è la precisa nemesi di Batman: una forza violenta e colorata del caos che impatta direttamente di fronte all’impeto ordinato e stoico di Batman.

Ora, il Clown Prince of Crime avrà una nuova svolta a fumetti. L’attesissimo Batman: Three Jokers di Geoff Johns e Jason Fabok – che esplorerà le origini segrete di Joker ed avrà una svolta scioccante – è finalmente programmato per giugno 2020.

Con DC che definisce la serie come “la storia di Batman / Joker definitiva”, stiamo guardando indietro alla lunga storia della loro rivalità con le più grandi storie di Batman / Joker mai raccontate.

Batman TAS Episodio 51: L’uomo che uccise Batman

Racconta la storia di un insignificante membro di una piccola banda criminale uccide Batman apparentemente per caso, egli viene coinvolto in una rissa in un bar fra criminali e arrestato. Scarcerato dal Joker e Harley Queen, che tentano poi di ucciderlo, il delinquente si rivolge a Rupert Thorne, che però si rifiuta di credere alla sua storia, secondo cui la morte di Batman sia stata solo frutto di una assurda casualità. Era un piano escogitato da Batman, il quale fingendosi morto, riesce a catturare alcuni dei criminali dei più pericolosi.

The Laughing Fish – Detective Comics Vol. 1 #475-476

Non c’è una storia migliore del senso dell’umorismo deformato del Joker di Steve Englehart e di Terry Austin. In “The Laughing Fish“, Batman scopre che Joker ha rilasciato una neurotossina nel porto di Gotham che crea pesci abbelliti con il suo ghigno contorto. Joker, vedendo un’opportunità, decide di brevettare il suo pesce che ride. Dopo che gli è stato negato un brevetto, Joker giura vendetta per l’insulto, uccidendo un impiegato di brevetti proprio sotto il naso di Batman e promettendo di farsi strada nella catena di comando.

Batman TAS Episodio 22: Un piccolo favore

Dopo una brutta giornata, Charlie Collins insulta un automobilista sconosciuto: in realtà quello è il Joker, che lo lascia stare in cambio di un favore. Due anni dopo infatti il Joker chiama Collins per fargli mantenere la promessa: dovrà aiutarlo per far saltare in aria Gordon, in una serata in suo onore.

Joker: l’uomo che ride

Joker: l’uomo che ride rientra nella serie di fumetti DC che hanno voluto narrare, o rinarrare, in chiave moderna le origini del cavaliere oscuro, iniziata con il celebratissimo “Batman: Anno Uno” e proseguita con “Batman e il monaco pazzo”. Ed Brubaker si propone di raccontare la prima apparizione di Joker a Gotham City, ben prima che diventasse il nemico più famoso di Batman. Sceglie di farlo con un albo one-shot che cita direttamente il romanzo di Victor Hugo servito da ispirazione per la creazione di Joker stesso. Così come successivamente verrà fatto con Il Batman che ride.

Batman: Endgame – Batman # 35-406

“Pensa solo ai grandi momenti che abbiamo avuto … e sorridi!” Scott Snyder e Greg Capullo hanno legato i fili di due delle loro storie più popolari in Batman “Endgame”, in quanto il Cavaliere Oscuro ha avuto la sua ultima battaglia con il Clown Prince of Crime. Se “La Corte dei Gufi” ha fatto da apripista e “Una morte in famiglia” è stato lo spaventoso sforzo del secondo anno, “Endgame” è un’escalation di eventi. Le immagini del giorno del giudizio pervadono Endgame . Batman si trova di fronte a un’apocalisse di zombi che è appena stata proiettata nell’immagine del Joker. Le opere di Capullo evocano classici dell’orrore come La notte dei morti viventi nel suo ritratto di una città trasformata dall’apocalisse virale, Jim Gordon si nasconde in una casa con le finestre sbarrate mentre Batman corre nei corridoi di un ospedale che si dice infestato. I cittadini trasformati vagano per la strada, quasi selvaggi. La Justice League è fuori combattimento e Gotham brucia.

Mad Love

Ambientato nella continuity di Batman: The Animated Series , e raccontato dai creatori della TAS Paul Dini e Bruce Timm, “Mad Love” è il fumetto che racconta la storia di Harley Quinn, che ha debuttato come scagnozzo su Batman TAS prima della perfetta interpretazione dell’attrice/doppiatrice Arlene Sorkin l’ha volata nel cuore dei fan per sue interpretazioni nella serie animata, Batman: La maschera del Fantasma e Batman of the Future: Il ritorno del Joker. Mad Love stabilisce il legame sconcertante, irragionevole e innegabile tra la dottoressa Harleen Quinzel e il suo paziente, il Joker; una relazione che porta alla follia e al caos per tutti i soggetti coinvolti. “Mad Love” ha vinto un Will Eisner Comic Industry Award per essere stata la miglior single story nel 1994, un onore meritato per una storia che dura come una delle migliori e più strazianti nella canonicità di Batman.

Il Cavaliere Oscuro

I puristi possono denigrare The Dark Knight di Christopher Nolan per il suo Joker non tradizionale, ma nessuna storia ha definito in modo così succinto la dicotomia tra Joker e Batman. Batman, il triste vendicatore, si occupava solo di ordine e regole, e Joker, l’anarchico colorato e folle per il quale il caos è un modo di vivere. Il cavaliere oscuro diventa più tradizionale di quanto molti possano dargli credito, attingendo a storie risalenti alla prima apparizione di Joker. E, naturalmente, la componente principale del successo del film è la rappresentazione amara di Heath Ledger del Joker come un uomo senza nome, senza volto e senza passato.

The Joker’s Five-Way Revenge – Batman Vol.1 #251

Realizzata da Denny O’Neil e Neal AdamsThe Joker’s Five Way Revenge, ha preparato il terreno per le innumerevoli esplorazioni della follia del Joker. In quest’avventura Batman dovrà salvare la vita ad un gruppo di scagnozzi che ha osato opporsi al Joker. La storia è importante perché stabilisce alcune aspetti del personaggio, come il disprezzo per la vita dei suoi stessi scagnozzi e la visione contorta del suo rapporto con Batman.

Una morte in famiglia – Batman Vol. 1 # 426-429

È difficile pensare a una storia che cattura così perfettamente la brutalità del Joker, la sua carneficina dilagante come “A Death In The Family”. In essa, Joker tenta di vendere un’arma nucleare ai terroristi del Medio Oriente, una ricerca che incrocia il suo cammino con quella di Jason Todd, il secondo Robin, che è a caccia della sua madre natale. E ovviamente, sappiamo tutti come finisce questa storia, con la morte di Jason per mano di Joker, non necessariamente il primo, ma sicuramente il momento più scioccante in cui Joker ha fatto soffrire Batman con il corpo di Robin tra le sue mani. La cosa forse ancora più scioccante è che il destino di Jason è stato deciso da un sondaggio tra i lettori, con il quale i lettori hanno votato per la fine di Jason (tramite un numero 1-900), dimostrando che, forse, c’è un po ‘di Joker in tutti noi.

The Killing Joke

Non sorprende che The Killing Joke sia considerato da molti come la storia definitiva di Joker. Il brutale attacco di Joker a Barbara Gordon e il suo successivo tormento sia di suo padre che di Batman sono probabilmente il peggior incubo per i lettori dei molti orribili misfatti di Joker. L’attacco è stato così brutale che ha portato Batman al limite del suo codice d’onore. Salvata solo dall’arrivo della polizia e dalla sua gioia per la sua distorta comprensione della vita e della morte, la follia di Joker, il suo rapporto contorto con Batman e la sua volontà di fare cose che qualsiasi persona sana di mente troverebbe mostruose.

Fonte: [Comicus.it e newsarama.com]

 

 

Batman 251: la cover di Neal Adams battuta all’asta per 600mila dollari

L’iconica copertina di Batman 251 disegnata dal maestro Neal Adams è stata venduta all’asta sul rinomato sito Heritage Auctions per il prezzo di 600.000 dollari (comprensivo dei diritti d’asta).

La vendita è avvenuta in data 21 Novembre 2019.

La cover rappresenta uno dei pezzi più prestigiosi e ambiti di original comic art del fumetto americano. E’ tra le copertine più celebri disegnate da Neal Adams.

Ed è, al tempo stesso, una delle più famose di Batman di sempre.

La run su Batman di inizio anni settanta a cura Denny O’Neil e Neal Adams è uno dei massivi vertici qualitativi raggiunti dal supereroe della DC Comics nella sua lunga vita editoriale. Abbiamo avuto la fortuna di poter incontrare l’autore lo scorso anno durante il Lucca Comics and Games edizione 2018 (qui il nostro reportage video della sua mostra). Qui sotto una foto di archivio.

Accantonando la versione ‘leggera’ che aveva contraddistinto il personaggio in fumetti e serie tv anni sessanta, ha settato lo standard per ogni futura storia dell’eroe negli anni a venire.

In questo contesto, si inserisce Batman 251, datato 1973: probabilmente l’apice di quella run, con un confronto tra Batman e il Joker entrato nella leggenda.

Ecco l’immagine della copertina oggetto della vendita, tratta dal sito Heritage Auctions.

Per ogni altra vostra curiosità, vi rimandiamo al nostro approfondimento sul fumettista suddiviso in due parti: qui e qui.

 

Così Recchioni ha stravolto Dylan Dog: “Scrivere Batman? Assurdo, pare uno scherzo”

Durante Lucca Comics & Games 2019 l’autore romano Roberto Recchioni ha presentato gli ultimi due numeri che sovvertono completamente il mondo del personaggio, con tanto di matrimonio con Groucho, e una prestigiosa collaborazione con Batman.

Questa Lucca rappresenta senza dubbio uno dei momenti più importanti della tua carriera, abbiamo la collaborazione con la DC per il crossover con Batman, il culmine del tuo arco narrativo, benedetto da Sclavi, con Dylan, “Roma sarà distrutta in un giorno” con Il Muro del Canto, Chanbara e un sacco di altre cose che probabilmente ancora non ci puoi dire.

Come gestisci tutto questo e come gestisci il pensiero che tutto questo un giorno finirà?

«Tre anni fa, in quello che pensavo fosse già il picco, alla fine di un Napoli Comicon particolarmente intenso di cui ero il magister con tanto di mostra, gigantografie in giro, eventi eccetera decisi di fermarmi. Il mio nome era ovunque, lo avevo usato come una sorta di marchio per promuovere una serie di iniziative e c’erano cose mie in quasi tutti gli editori. Alla fine dell’ultima giornata mi son seduto su un prato e ho detto “Mi fermo, la mia rotta non è più chiara”. Per un po’ ho lavorato meno, anche se non si vedeva, perché i fumetti sono come delle navi, hanno una lunga inerzia e vanno avanti anche quando dai lo stop. Ho deciso di tornare a scrivere alcune cose molto concentrate. Da lì poi è nato “La fine della ragione” e poi tutto quello che è arrivato oggi che il frutto di parecchi anni di lavoro molto intenso concentrati in un momento specifico. E questo chiaramente un apice ancora più grande, c’è la conclusione di un lavoro lungo su Dylan che però rilancia qualcos’altro perché da qui parte una fase nuova di Dylan sia per il personaggio, sia per me nello specifico, e adesso le cose si faranno interessanti, di sicuro non mi fermo».

Però, come dicevamo, finirà.

“E arriviamo alla seconda parte la domanda, quella tosta… non so, io so per certo che non può durare, presto tardi invecchierò, i giovani si faranno sotto e mi dovranno “uccidere”. Il tema dell’uccidere il padre e lo stesso tema di Dylan. Ci sono vari modi per prenderla, ci sta di irrigidirsi, perché non hai visto da che parte arrivava il meteorite, da che parte arrivava il tuo omicida, e quindi prendere posizioni da ultraconservatore. Ci sono alcuni autori della generazione prima della mia che mi odiano perché non mi hanno visto arrivare».

Hai più volte detto che invecchiare e perdere presa sul presente è una tua grande paura no?

«Il terrore di essere diventato un vecchio trombone è forte, quindi continuo ad analizzarmi costantemente, ma so che presto o tardi, perderò il polso. Quindi visto che ho degli esempi negativi precisi davanti a me, delle persone che ho eletto come i miei “beta tester” negativi di quello che non voglio essere, tengo gli occhi aperti e quando vedo arrivare qualcuno, invece di irrigidirmi, lo chiamo. Quando ho visto arrivare per esempio Lorenzo Palloni che è probabilmente lo sceneggiatore che più velocemente si è imposto negli ultimi anni ed è chiaramente un proiettile destinato al successo, lo hanno premiato anche recentemente, invece di fare muro l’ho chiamato per lavorarci assieme».

Invece che combattere fatteli amici?

«Non solo, il mio ruolo non è solo quello dell’autore, io ho la responsabilità e la possibilità di capire che uno come Lorenzo arricchirà Dylan Dog. Quindi l’ho chiamato e presto vedremo i suoi lavori. È chiaro che un Lorenzo potrebbe uccidermi, come chiunque altro. E va bene, fa parte dell’ordine naturale delle cose, però intanto combatterò, perché questa è una spinta a cercare sempre di essere dei buoni autori e soprattutto degli autori vivi, non dei dinosauri che rimpiangono un passato che non è mai stato bello come viene raccontato. E poi anche cercare di ridare al mercato quello che il settore ha dato a me».

E cosa ti ha dato il settore? Di cosa sei grato?

«Beh io ho avuto la possibilità, anzi le possibilità. Io ho avuto la possibilità di arrivare dove volevo arrivare. Se torno indietro e vado dal me stesso sedicenne che lavorava in fumetteria gli vado a dire “Lo sai che nello stesso periodo tu scriverai Tex, Dylan Dog, Batman, John Constantine e Il Corvo” penso che rimarrebbe abbastanza sorpreso».

Ecco, arriviamo a Batman, quando ti si è allungato il sorriso quando l’accordo è stato siglato e quanto è difficile lavorare su Batman?

«È difficile lavorare con Batman perché in generale è complesso lavorare con le grandi property perché insieme all’ok ti arriva un contratto vincolante che comprende anche un codice di comportamento come autore, su ciò che puoi e non puoi fare. Non è poi così difficile in termini autoriali perché per me quando ti confronti con un personaggio così ti devi ricordare che in Italia quando scrivi Tex o Dylan scrivi per più lettori di Batman, ma resta una icona e davanti alle icone tu puoi rimanere schiacciato oppure puoi guardargli negli occhi. Secondo me il rispetto sta nel guardare questi mostri sacri con deferenza, ma anche convinti di ciò che si vuole fare, sennò non li stai rispettando se non pensi di poter dare il tuo meglio».

Una cosa che non mi pare sia stata evidenziata è che questo accordo fa parte di un disegno più grande tra Warner e Bonelli, non parliamo solo di qualche crossover.

«Sostanzialmente la Warner/DC ha avviato una serie di collaborazioni con i grandi editori in giro per il mondo per vedere come gli autori locali interpretano le loro icone. È un discorso di dare e avere: la DC incamera visioni nuove dei suoi personaggi e le rende popolari in quei Paesi e da noi fa comodo perché Batman non vende così tanto e grazie a Dylan può arrivare a un pubblico più ampio. Dall’altra parte porta Dylan, che in questo momento è una figura importante, a diffondersi in tutto il mondo, perché il fumetto arriverà in tutto il mondo e vista la serie in lavorazione è importante che sia così».

Ma Batman e Dylan cosa hanno in comune? Come si amalgamano?

«Batman e Dylan sembrano due personaggi lontanissimi, in realtà non lo sono per niente. Anche se è vero che uno è un vigilante che si veste da pipistrello e picchia la gente di notte e Dylan è uno che rifiuta la violenza, hanno punti in comune enormi. Nonostante un diverso codice morale il loro cuore è nello stesso posto: entrambi conoscono il diverso e capiscono che il diverso è qualcosa da proteggere. Batman lotta per creare un mondo in cui lui non serve, perché sa benissimo di essere un mostro, un freak, un diverso in un mondo popolato da altrettanti mostri e questo gli dà un forte senso di comprensione di tutto ciò che non è allineato. Batman non uccide il Joker in The Killing Joke perché capisce perfettamente la “cattiva giornata” che ha reso Joker quel che è. Il Batman di Frank Miller quando si confronta con Harvey Dent nel primo capitolo de Il Cavaliere Oscuro spera per tutta la storia che non sia Dent il criminale che è tornato a colpire, spera che abbia trovato una via di fuga. Batman non uccide mai i mostri con cui si confronta perché sa di esserlo anche lui, è la sua versione de “i mostri siamo noi”. Dylan si basa sullo stesso meccanismo, non ricorre mai alla violenza, se non costretto, c’è una accettazione del lato oscuro della personalità che è molto forte. Poi ci sono gli elementi in comune: uno ha un commissario alleato e l’altro un ispettore, uno ha il maggiordomo fedele e l’altro un assistente, entrambi hanno una macchina peculiare, sono entrambi detective. Funzionano per antitesi, sembra un vecchio sketch di Cochi e Renato in cui uno diceva cose tipo “Mio padre ha la macchina di lusso” e l’altro rispondeva solo “Il mio no”».

Ma di Batman ce ne sono tanti, come è il tuo?

«Il mio è un Batman molto classico, la sfida è stata allontanarmi dai miei Batman più amati. Evitare la voce narrante di Frank Miller è stato uno sforzo durissimo. Credo sia un Batman molto ironico, tutte le 200 pagine di storia sono giocate come se fosse una raffinata commedia all’americana. Gli elementi ironici sono fortissimi perché di fronte a Batman c’è uno scettico».

Quale è stata la difficoltà più grande nell’amalgamare questi due universi narrativi?

«Il problema grosso di questi due universi è che il livello di realismo è molto differente. Nell’universo DC una persona Gotham City o a Metropolis alza lo sguardo, vede qualcuno volare e fa spallucce, è solo martedì. È tutto normale per quelle persone vedere qualcosa di straordinario. Killer Croc nel mondo DC è una minaccia, ma non stupisce nessuno, in quello di Dylan Dog è un mostro che manderebbe tutti nel panico e si dubiterebbe della sua stessa esistenza. Quindi il problema vero era riuscire a far conciliare questi due universi che hanno un così diverso livello di realismo. Per farlo mi hanno permesso di operare una piccola retcon nelle regioni del Joker e inserire un tassello della storia del Joker nella storia di Dylan. Questo significa che adesso c’è un frammento di Joker che tocca la storia di Dylan, nello specifico è il modo in cui il Joker conosce Xabaras nel passato. È un incontro significativo, che poi si ripeterà anni dopo e porterà Dylan e Batman a conoscersi».

Voglio arrivare al momento in cui ti sei seduto di fronte a una pagina bianca di Word e hai scritto “Batman”

«Fa strano, fa molto strano. Ho scritto Diabolik, ho scritto Tex, ho scritto tante cose, ma digitare le parole “Batman dice…” è una cosa particolare. Più che altro perché c’è quella cosa chiamata “La sindrome dell’impostore” no? Quella secondo cui abbiamo una vocina dentro che ci ripete continuamente che non ci meritiamo quello che stiamo facendo. Ecco, io non ce l’ho, è una cosa che non mi ha mai toccato. Ritengo di meritare di stare dove sto, però scrivere Batman è… buffo, ti sembra un grande scherzo. Si torna sempre a quel ragazzino sedicenne che disegnava Batman e oggi si guarda e fa “sì come no, stai disegnando Batman? E io sto disegnando Zorro!” e non è detto che un giorno non faccia Zorro!».

Torniamo su Dylan, torniamo un attimo indietro. Secondo te cosa ha visto Sclavi quando ti ha dato le chiavi del suo mondo?

«Fondamentalmente ha visto una storia. Lavoravo su Dylan Dog da un po’, Mater Morbi è stata la mia terza storia e Tiziano mi ha voluto conoscere quando ha letto Mater Morbi. Là lui ha visto evidentemente qualcosa e di sicuro la storia gli è piaciuta molto, visto che la giudica è una delle più belle in assoluto di Dylan. Quando ci siamo incontrati ci siamo trovati, abbiamo trovato un vissuto comune. Io e lui abbiamo esperienza di vita molto diverse ma dei problemi che hanno generato le stesse sofferenze».

Forse ha visto anche la persona giusta per “uccidere il padre”?

«Una cosa è certa: io con Tiziano ci discuto. Non gli dico sì, gli dico “parliamone”. E quando sei l’autore del secondo, e a volte primo, fumetto venduto in Italia e uno dei più venduti al mondo non sono tante le persone che vengono a contestare il tuo punto di vista. Quindi credo che abbia visto qualcuno con cui confrontarsi invece di chi gli diceva sempre di sì».

Non ha trovato anche una persona in grado di sostenere il livello di polemica generato dai cambiamenti?

«Non credo, Tiziano non ha idea di come funzionano oggi queste cose, non segue i social, non segue il mondo di oggi e non conosce la mole di commenti che mi arrivano addosso ogni giorno. Abbiamo parlato molto di eredità e penso che abbia capito che il rispetto di qualcosa non voglia dire lasciarla in una teca, ma tenerla viva, anche a costo di stravolgerla».

Uno stravolgimento che molti vedono in questo Dylan “politicamente corretto”, che però è il Dylan di sempre.

«Quelle polemiche sono veramente stupide. L’immagine iconografica di Dylan lo vede alla testa di una folla di mostri, trasfigurando la simbologia de Il Quarto Stato. Lui non si è spostato di un millimetro è dalla parte del diverso, dell’oppresso e del debole e quindi non c’è niente di strano se sposa un uomo. Semplicemente alcuni lettori si sono scordati che cos’è perché sono invecchiati, mentre lui no. Dylan deve stare da quella parte, non per una questione politica, ma civile, di ragionevolezza. In quale universo possiamo sostenere la teoria secondo cui persone uguali debbano avere diritti diversi? Per me è una questione di pura razionalità, non c’è nessuna logica, non possono esistere esseri umani di serie A e serie B e appena metti in discussione una cosa del genere per me sei un cretino».

Pensi che questa cosa avrà un impatto?

«Beh l’ha già avuta nei soliti Libero, Primato Nazionale, Casa Pound, ma è arrivato anche tanto amore. A Lucca Comics si è avvertita una reazione molto forte. Sia per quello che riguarda Dylan, sia il suo simbolo. Alla fine stiamo pur sempre parlando del primo protagonista, del primo personaggio titolare di un fumetto che appare in copertina sposato con un altro uomo».

Ma l’albo è tante altre cose, sfogliando le pagine sembra quasi un trattato su Dylan Dog.

«È un albo con tanti scopi: chiude una serie di sottotrame, esplicita il ruolo di John Ghost, che poi è il mio ruolo, io parlo per bocca di Ghost e sono stato quello che ha portato il personaggio là doveva trovarsi. C’è tantissimo metatesto e sai una cosa? Mi rendo conto che non a tutti piace. Molte persone non vogliono che sia ricordato che stanno leggendo fumetto e lo prendono male. Vogliono fuggire, non amano neppure troppi richiami al reale, agganci politici contemporanei. Vogliono una narrazione escapista che fugge dalla realtà. A me quella narrazione quando viene presa troppo sul serio fa schifo. La trovo pericolosa, reazionaria, portatrice di una idea sbagliata. Le grandi opere rimandano al reale sempre, tutto è politico. Game of Thrones non è una storia di draghi è una storia di politica che parla di potere oggi. Persino Guerre Stellari parla del nostro presente, anche il modo in cui è cambiato ci dice qualcosa. Il problema è che viviamo in una società che è completamente schiava da una parte di una eccessiva infantilizzazione e dall’altra di un eccesso di controllo dei messaggi».

In effetti siamo tra due poli: il totale disimpegno e la paura di offendere sempre qualcuno.

«Viviamo in un mondo dominato dalla narrazione, la politica è diventata più interessante perché ogni giorno c’è un colpo di scena artefatto che serve a mantenere vivo il racconto e l’interesse. Siamo talmente annoiati e spaventati che ci rifugiamo nelle storie e stilizziamo il reale. Il reale non può essere stilizzato perché è complicato, noioso e spaventoso. Io amo la narrazione ma non può sostituire la realtà».

Fonte:[La Stampa]

A partire da giovedì 19 dicembre 2019 è in distribuzione in tutte le edicole Dylan Dog/Batman, un albo di 94 pagine a colori (al prezzo di 4,90 euro) contenente quattro storie complete, tra cui proprio quella già inserita nel numero zero.

Dietro la splendida copertina di Emiliano Mammucari potete trovare infatti Relazioni pericolose di Roberto RecchioniWerther Dell’Edera e Gigi Cavenago, insieme a “La nuova alba dei morti viventi”, il remake del mitico numero uno di Dylan realizzato da Mammucari su testi di Recchioni e pubblicato per la prima volta nel Color Fest n. 18. La parte supereroica dell’albo è rappresentata invece dalla prima apparizione del Joker così com’è stata raccontata da Bill Finger e Bob Kane nel 1940, e dalla classicissima “La vendetta in cinque punti di Joker!” di Dennis O’Neil e Neal Adams, pubblicata originariamente nel 1973.

Se non siete stati a Lucca Comics, Dylan Dog/Batman è un ottimo punto di partenza per iniziare il processo di avvicinamento al crossover dell’anno prossimo. E anche se a Lucca ci siete stati o se avete comprato l’albo nel nostro Shop online, se amate l’Indagatore dell’Incubo o il Cavaliere oscuro, o il buon vecchio Joker, non potete lasciarvi scappare questo albo!

Fonte [Sito ufficiale Bonelli]

 

80 anni di Batman: gli auguri del blogger Samuele Celletti in arte Mr. Comics

Samuele, in arte Mr Comics ha una sconfinata passione per il fumetto, e proprio per questo è nato il suo alter ego pagina Facebook e Instagram “Mr. Comics”. In queste pagine potete trovare non solo reportage e recensioni dedicati ai supereroi del Cosmo Marvel e Dc Comics ma anche altri personaggi come Tex, Dylan dog, Topolino, Pk e tanti altri che hanno appassionato e continuano tutt’ora a coinvolgere i tanti lettori!!

Per Samuele Batman, è uno dei personaggi con la psicologia più complessa e profonda, che in questi 80 anni ha avuto la fortuna di avere i migliori scrittori e disegnatori del fumetto mondiale.

Secondo lui Batman non può e non deve essere definito un supereroe,  ma un eroe, in quanto si basa sulla sua intelligenza, sulla forza di volontà e fisica, e nella fortuna di aver ereditato tutto il patrimonio ed i soldi della famiglia Wayne, per avere un grande aiuto nella lotta al crimine, oltre che dai suoi vari alleati, anche dalla tecnologia.

Le sue storie preferite sono quelle di Grant Morrison, in particolare la saga “Batman e figlio”, il Batman di Frank Miller in graphic novel storiche come Batman Anno Uno e tutta la saga del “Cavaliere Oscuro” di Miller, comprendente “Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, “Il Cavaliere Oscuro Colpisce Ancora”, e il “Cavaliere Oscuro 3 Razza Suprema”, e tutta una serie di autori come Neal Adams, e Tom King che ha scritto le storie più recenti del personaggio nella serie regolare in continuity.

Dopo il Crepuscolo dei Supereroi: intervista a Luigi Siviero

Dopo la recensione, che avete potuto leggere ieri, del libro Dopo il Crepuscolo dei Supereroi. Grant Morrison, Alan Moore e la British Invasion, redatta da Bendetta Berio, oggi, abbiamo il piacere di ospitare lo scrittore Luigi Siviero, sulle pagine del nostro blog. Con lui abbiamo voluto non solo presentare il suo libro, ma anche ripercorrere insieme le fasi di rinnovamento del fumetto, l’implosione della DC Comics e parlare di Batman. Sono sicuro che troverete le riflessioni dell’autore molto interessanti.

Stefano: Il tuo libro si intitola “Dopo il Crepuscolo dei Supereroi. Grant Morrison, Alan Moore e la British Invasion”. Quando è stato pubblicato e quale è l’editore che lo pubblica e dove è disponibile?

LUIGI SIVIERO: Il libro è stato pubblicato da Eretica Edizioni alla fine del 2018. Può essere ordinato nelle librerie e acquistato nei negozi di libri in rete (tipo Amazon, IBS, Feltrinelli e così via) e nel sito dell’editore (http://www.ereticaedizioni.it/prodotto/luigi-siviero-dopo-il-crepuscolo-dei-supereroi/). Purtroppo non è disponibile nelle fumetterie perché Eretica è una casa editrice che non pubblica abitualmente fumetti (ne ha in catalogo solo un paio) e libri sui fumetti. Essendo un editore estraneo a questo settore non ha rapporti con i distributori che si occupano in modo specifico di rifornire le fumetterie.

Stefano: Cosa differenzia il tuo libro dai tanti scritti finora sul tema ?

LUIGI SIVIERO: I libri su Grant Morrison e sulla British Invasion sono tantissimi, soprattutto in lingua inglese. Mi sembra che ci sia una tendenza a isolare una singola opera e a sviscerarla: penso a Our Sentence is Up: Seeing Grant Morrison’s The Invisibles di Patrick Meaney, Curing the Postmodern Blues: Reading Grant Morrison and Chris Weston’s The Filth in the 21st Century di Tom Shapira e The Anatomy of Zur-en-Arrh: Understanding Grant Morrison’s Batman di Cody Walker, dedicati rispettivamente a The Invisibles, The Filth e al lungo ciclo di Batman, ma anche a Grant Morrison: The Early Years di Timothy Callahan, nel quale alcune opere realizzate da Morrison nei primi anni della sua carriera vengono analizzate in maniera autonoma l’una dall’altra. Dopo il Crepuscolo dei Supereroi si differenzia da questo tipo di libri perché ha un approccio più sistematico ai fumetti supereroistici di Grant Morrison. Dapprima ho rintracciato un filo conduttore che attraversa tutta la produzione di Morrison (vale a dire il tentativo da parte del fumettista scozzese di rivitalizzare la figura del supereroe dopo che Alan Moore e Frank Miller lo avevano messo seriamente in discussione in Watchmen e Il ritorno del Cavaliere Oscuro) e solo in un secondo momento – e sempre tenendo d’occhio il quadro generale – ho preso in considerazione le specificità delle singole opere, allo scopo di capire come di volta in volta lo sceneggiatore abbia affrontato una sfaccettatura di quel problema ricorrente. Con questo non voglio criticare il lavoro degli altri saggisti: anche la scelta di occuparsi di un’opera specifica ha un suo perché e può dare risultati interessanti.

Se non sbaglio in Italia l’unico libro dedicato in modo specifico a Morrison (oltre al mio) è Grant Morrison All Star di Giovanni Agozzino, Nicola Peruzzi e Antonio Solinas. Anche questo saggio (davvero interessante e ben fatto), che copre tutte le opere di Morrison uscite fin quasi alla data di pubblicazione del libro nel 2010, è incentrato su recensioni delle singole opere e ha un’impostazione cronologica. In futuro mi piacerebbe scrivere un libro simile, sempre su Grant Morrison. Vorrei fare una biografia con curiosità e approfondimenti sui singoli fumetti, affiancati da notizie sulla vita privata e non, come il rapporto lavorativo e di amicizia con Mark Millar, la carriera musicale, le tante apparizioni di Morrison come personaggio dei fumetti, le esperienze di recitazione in video musicali e cortometraggi e la lite con Alan Moore.

Stefano: “Dopo il Crepuscolo dei Supereroi” è un saggio/compendio che fa riferimento ai fumetti supereroistici di Morrison scritti nella prima metà della carriera dell’autore. Quale è il tuo resoconto di questo excursus storico?

LUIGI SIVIERO: Morrison esordì nel fumetto americano in un’epoca segnata profondamente da opere nelle quali veniva messo in risalto il lato oscuro dei supereroi. The Uncanny X-Men di Chris Claremont era la collana campione di vendite, Wolverine stava diventando un’icona, Punisher aveva tre serie mensili, Rob Liefeld inventava Cable e si avviava a trasformare i nuovi Mutanti in X-Force… Per non parlare del Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller e di Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons, l’opera che più di ogni altra ha segnato Grant Morrison. L’influenza di Watchmen sul fumettista scozzese non è stata però positiva: pur apprezzando il capolavoro di Moore e Gibbons, Morrison ha cercato con tutte le forze di smarcarsi dalla visione crepuscolare dei supereroi che emergeva da quelle pagine. Nel mio libro ho spiegato come Morrison abbia cercato di coniugare il realismo mooriano – che nella seconda metà degli anni Ottanta era diventato ormai una caratteristica quasi irrinunciabile per chi volesse fare fumetti di supereroi – con il manicheismo ingenuo della Silver Age. Morrison si chiese se l’approccio realista ai supereroi avrebbe condotto inevitabilmente alla creazione di vigilanti dai metodi brutali, di pazzi assassini e di divinità algide del tutto estranee all’etica e ai problemi degli esseri umani, oppure se sarebbe stato possibile muoversi nella direzione opposta, trovando una giustificazione realista al comportamento disinteressato e altruista dei supereroi classici. La soluzione al problema fu trovata da Morrison nella serie JLA, che ritengo il punto di arrivo del lungo e tortuoso percorso iniziato dal fumettista a metà del decennio precedente. È questo il motivo per cui il libro si chiude proprio con il capitolo dedicato al supergruppo della DC Comics.

Stefano: Le prime fasi di un rinnovamento del fumetto sono chiaramente legate ad una crisi. La sezione grafica comincia a raccogliere già dal 1977 le prime influenze europee legate a Métal Hurlant, rivista sul fumetto fantastico francese edita dal gruppo nato il 19 dicembre 1974 sotto la sigla Les Humanoides Associés, e alla fantascienza di un dopo bomba “hard boiled” della britannica 2000 A.D. E’ proprio lì che si presentano autori del calibro di Brian Bolland, Alan Davis, Dave Gibbons e Alan Moore…

LUIGI SIVIERO: Per quanto riguarda la British Invasion credo che 2000 AD abbia avuto un ruolo niente affatto secondario nella formazione degli autori britannici. Dredd, il personaggio principale della rivista, non è un eroe, anzi: quest’uomo che è contemporaneamente poliziotto, giudice e giuria incarna il potere in un mondo distopico e senza speranze. Amministra la giustizia e combatte il crimine, ma a differenza dei supereroi non è un’incarnazione del bene e della speranza. Penso che Dredd possa essere visto come un “supereroe” (le virgolette sono d’obbligo) privato della patina di ingenuità che caratterizzava i supereroi americani degli anni d’oro.

Immagino che Métal Hurlant abbia influenzato soprattutto i disegnatori, alcuni dei quali osservavano il fumetto europeo. Per esempio Frank Miller ha attinto anche dall’Italia, dove è stato affascinato da Sergio Toppi e Gianni De Luca.

Stefano: Parlaci del tuo punto di vista sul periodo della “DC Implosion”, probabilmente il periodo piu’ buio per la Casa delle Leggende.

LUIGI SIVIERO: Forse la decisione drastica di chiudere numerose serie è stata affrettata ed è dipesa da fattori sfortunati e transitori. A quel tempo si stava tentando di uscire dalla crisi petrolifera del 1977 e la DC aveva provato ad adottare una nuova formula editoriale (albi con più pagine e prezzo maggiorato) per cercare di rispondere alla Marvel, che negli anni Settanta aveva accresciuto la sua quota di mercato aumentando il numero di uscite mensili. Pare che la mossa della DC non diede i suoi frutti anche a causa di una tempesta di neve che compromise la distribuzione dei fumetti proprio in concomitanza con questo rilancio. Può darsi che l’implosione sia stata solo il frutto di una retromarcia decisa troppo in fretta…

Stefano: Il 1979 vede l’introduzione nel mondo del fumetto del concetto di miniserie, una storia completa divisa in tre o quattro albi, un’idea che si afferma subito tra gli appassionati per la facilità con la quale può essere collezionata. Prima miniserie è World of Krypton (luglio 1979) edita dalla DC, limitata a tre numeri, avanguardia di un’intera generazione di serie limitate rinnovatrici del genere, che avrebbero permesso ad autori e sceneggiatori, una più ampia libertà grafica. Ci fai un paragone tra le miniserie dell’epoca con quelle di oggi?

LUIGI SIVIERO: Nella seconda metà degli anni ’70 negli Stati Uniti è nato il mercato diretto delle fumetterie. Le miniserie, ma anche le graphic novel, sono potute nascere e prosperare proprio grazie all’esistenza di quel nuovo canale di vendita. Da qualche anno a questa parte, anche per via dell’accresciuta importanza di un altro canale di vendita, le librerie di varia, si è assistito a un aumento vertiginoso delle edizioni in volume. Oggi è quasi scontato che una serie della Marvel o della DC venga raccolta in volume a pochi mesi di distanza dalla prima edizione serializzata, ma c’è stato un tempo in cui questa pratica era del tutto sconosciuta. Perfino Neil Gaiman, quando iniziò a sceneggiare The Sandman, credeva che la vita editoriale delle sue storie non sarebbe andata molto oltre il classico mese fra un numero e l’altro! Un cambiamento così radicale del mercato del fumetto americano ha inciso sulla produzione delle miniserie.

Per quanto riguarda le miniserie incentrate sul talento degli autori, direi che questo formato ha perso importanza. Fra serie mensili ideate per essere riconfezionate successivamente in uno o più volumi e fumetti che escono direttamente in formato graphic novel, le miniserie hanno fino con il distinguersi sempre meno dai fumetti pubblicati negli altri formati.

Invece le miniserie nelle quali vengono narrati i grandi eventi editoriali (tipo Guerre segrete e Crisi sulle Terre infinite) hanno avuto uno sviluppo spaventoso. Negli anni Ottanta gli eventi erano davvero degli eventi. Invece da un po’ di tempo a questa parte si sta esagerando, e le cose buone vengono fin troppo diluite con quelle inutili…

Stefano: Una domanda diretta che riguarda il Cavaliere Oscuro. Ogni personaggio dei comics che attraversi quasi 80 anni di avventure deve necessariamente evolvere. Impossibile sarebbe immaginare oggi un Batman anni ’60, magari un derivato di quello interpretato da Adam West nei telefilm, diviso tra umorismo e cattivo gusto, o anche accettare senza obiezioni la sobrietà anatomica e le storie iperrealiste del periodo disegnato dal grande Neal Adams. Cosa pensi dell’evoluzione di questo personaggio?

LUIGI SIVIERO: L’evoluzione di Batman nel corso degli anni ha qualcosa di straordinario. Sì, è praticamente impossibile pensare che oggi venga fatto un telefilm di Batman in stile Adam West, però quel telefilm è un’eredità che è rimasta e che oggi o in futuro, assieme a tutte le altre storie e versioni del personaggio, potrà servire come base per creare qualcosa di completamente nuovo. Del resto il Batman seriale di Grant Morrison affonda le radici in molti fumetti del passato che hanno atmosfere simili a quelle del telefilm.

Stefano: Quali sono gli aspetti del mondo DC Comics che apprezzi e quali no?

LUIGI SIVIERO: Un aspetto che mi piace dell’Universo DC è che molte belle storie non sono state soffocate dalla continuity. Mi sembra che rispetto a quanto avviene in casa Marvel gli autori subiscano meno intromissioni dall’alto, meno richieste di coordinare le loro storie con quelle degli altri autori. Paradossalmente questo modo di dirigere le serie ha portato alla creazione di personaggi che hanno alle spalle vite solide e ben sviluppate. Per dire, ormai è assodato da un bel pezzo che Dick Grayson è Nightwing, e nessun autore si è mai inventato nulla per farlo ritornare il Robin ragazzino. Invece nei fumetti della Marvel la continuity è più stretta ma sembra che non porti da nessuna parte: il matrimonio fra Peter Parker e Mary Jane è stato cancellato, Jean Grey è ritornata, le conseguenze di Civil War sulla vita di Spider-Man sono state annullate…

Quello che non mi piace è… che non sempre la continuity è serrata! Nel momento in cui si decide di creare un universo narrativo con storie più o meno in contatto l’una con l’altra bisognerebbe fare in modo che ci sia una certa coordinazione e un piano a lungo termine. Ogni tanto la sensazione è che la DC navighi a vista.

Ci tengo a precisare che non sono per nulla uno di quei lettori che giudicano un fumetto di supereroi in base a quanto è in linea con la continuity. Se c’è una bella storia da raccontare e per farla si deve calpestare la continuity… beh, chi se frega, facciamola! Però nel momento in cui degli autori mi propongono un universo narrativo coordinato, io un pochino me lo domando se quell’universo è davvero ben coordinato. Senza contare che la continuity dei fumetti di supereroi è qualcosa di unico: non esiste nessun campo della narrativa in cui sia mai stato fatto niente di paragonabile.

Stefano: A quali fiere ti possono trovare i nostri lettori?

LUIGI SIVIERO: A dire il vero non sono un grande frequentatore di fiere. Sono stato alcune volte a Lucca, ma è da un paio d’anni che non ci vado. È più facile trovarmi in rete. Un tempo curavo un blog di informazione sui fumetti che oggi ho trasformato in una pagina personale (http://house-of-mystery.blogspot.com/), mentre oggi mi diverto a condividere immagini legate ai fumetti sulla pagina House of Mystery su Facebook (https://www.facebook.com/House-of-Mystery-151242860897/).

Stefano: Grazie per la tua pazienza e per il tempo che ci hai dedicato.

LUIGI SIVIERO: Grazie a te! È stato un piacere!