Edizioni PLAY PRESS: Vent’anni di comics in Italia Parte 1: L’invasione delle edicole

di Francesco Vanagolli (uno dei maggiori e migliori traduttori di materiale DC Comics in Italia) su gentile concessione del blog Fumetti di Carta

Il recente acquisto di un grosso blocco di volumi DC Comics a metà prezzo pubblicati tra gli anni ’90 e la prima metà di questo decennio dalle Edizioni Play Press (poi Play Press Publishing, oggi Play Media) mi ha spinto a riflettere sul ruolo che l’editore romano ha avuto nella storia dell’editoria a fumetti italiana.
Sono quasi tre anni che la Play ha interrotto le pubblicazioni del cosmo DC Comics nel nostro Paese, e forse è passato abbastanza tempo per poter parlare di questa casa editrice in tutta tranquillità e soprattutto con lucidità e distacco.
Punto primo, fatemi dire questo: la Play Press è l’editore che ha pubblicato per più tempo fumetti americani in Italia (vent’anni) e DC in particolare (16). Con tutti i suoi difetti e le sue limitazioni, però l’ha fatto. E scusate se è poco.
Detto questo, vediamo di fare un po’ di storia…
Le Edizioni Play Press di Mario Ferri iniziano la loro avventura nel mondo dei comics nel 1986, in un’epoca in cui il fumetto americano è dato per spacciato dopo la chiusura di Editoriale Corno e Editrice Cenisio avvenuta due anni prima. Fumetti Marvel e DC in edicola non ce ne sono, a parte le poche e costose pubblicazioni Labor Comics e i primi CONAN della Comic Art. La Play comincia a pubblicare del materiale Marvel slegato dal tradizionale Marvel Universe: MY LOVE, con le storie rosa della Silver Age (e dite quello che vi pare, ma se potessi metterci le mani sopra ne sarei ben contento), e soprattutto i TRANSFORMERS, dedicata ai popolari robot trasformabili, che proprio allora si fanno conoscere in Italia.
Niente di particolarmente importante, insomma, che finisce nel dimenticatoio non appena i Marvel fan possono finalmente mettere di nuovo le mani sulle avventure dei “veri” personaggi di Stan Lee grazie alle pubblicazioni delle Edizioni Star Comics: come già ricordato in un precedente articolo, nel 1987 il numero 1 de L’UOMO RAGNO riporta i supereroi della Casa delle Idee in Italia, e da lì inizia la lenta rinascita del genere. Ma è, appunto, lenta. Molto: la prudenza della piccola Star Comics fa sì che i nuovi titoli marvelliani compaiano nelle edicole al ritmo di uno all’anno, perciò nel suo secondo anno di attività la casa editrice lancia solo FANTASTICI QUATTRO. Dunque abbiamo da una parte Uomo Ragno e Fantastici Quattro in due mensili dalla distribuzione debole, dall’altra Conan, dall’altra i Transformers… ai quali, a partire dal 1989, si affiancano nuovi inaspettati titoli Marvel, tutti targati Play Press.
Chi c’era se lo ricorderà, chi non c’era provi a immaginarselo: il materiale Marvel è presente in minima quantità, stenta a decollare (e con personaggi che ai tempi Corno furono molto amati), e all’improvviso spuntano nuove serie con personaggi nuovi e graditi ritorni. Sono passati vent’anni dall’uscita di IRON MAN, ‘THE NAM, D.P.7 e I NUOVI MUTANTI, e quello che mi interessa ora è discutere della loro importanza. Una serie dedicata a un personaggio che la Corno relegò al ruolo di comprimario, una di guerra, una con personaggi che non vivevano nell’Universo Marvel e una con la nuova generazione degli X-Men. Ecco, queste quattro serie allargano il mercato. I fumetti Marvel sopravvivono a stento, nelle edicole non si notano nemmeno, poi arriva l’editore specializzato in riviste di enigmistica e all’improvviso appare nei chioschi “l’angolo dei fumetti americani”. Due sono per me le grosse cause per cui nel 1989 la rinascita degli eroi in costume ha avuto luogo: il film di Batman diretto da Tim Burton*, che ha riacceso l’interesse verso i supereroi americani, e la presenza della Play Press, che ha permesso al pubblico di trovare i supereroi nelle edicole. Se non è un merito questo…!
Certo, non tutti la prendono bene: chi aveva già deciso di santificare la Star non vede di buon occhio che un altro editore “rubi” i diritti di qualche testata Marvel al gruppo di Cavallerin, Bovini e Lupoi. Gli albi Play, facendo un rapporto pagine/prezzo (32 pagine a 1800 £) sono più cari di quelli Star, non hanno approfondimenti seri che possano competere con quelli di MML (IRON MAN 1 viene presentato da… Tony Stark) e -eresia!- non si ricollegano direttamente alle ultime storie presentate dalla Corno. Se per le assolute novità D.P.7 e ‘THE NAM non è un problema, la situazione è più complessa per le altre due testate: IRON MAN parte con storie del 1986, quando le ultime viste sul SETTIMANALE DE L’UOMO RAGNO sono del 1979; i Nuovi Mutanti sono creati nel 1982 in seguito ad alcuni eventi mostrati su UNCANNY X-MEN nel corso dell’anno, ma gli Uomini X ereditati dalla Star in quel momento sono fermi al 1980. I completisti e fan della continuity non ne sono molto contenti, ma è anche vero che la Play, più che a loro, con quei personaggi cerca di rivolgersi a un nuovo pubblico a digiuno di Marvel. Tre serie nuove e una che praticamente ricominciava da capo (e con protagonista un personaggio corazzato che può piacere ai bambini) non sono proprio cattive scelte. Anche l’assenza di note troppo “specialistiche”, sostituite da introduzioni più semplici, fa parte di questa strategia, come ammesso in alcune occasioni nelle rubriche della posta. Interessante eccezione, il glossario dei termini bellici nella pagina della posta di ‘THE NAM.
Va fatto notare, visto che non è un particolare da poco, che alla Play, prima dell’avvento di collaboratori più preparati come Luca Scatasta e Alessandro Bottero, non ci sono appassionati di comics. Ferri e i suoi collaboratori sono dei venditori. E il prodotto da vendere in quel momento è il fumetto, perché l’editore ne ha intuito la commerciabilità… ma non per questo ne è un esperto o un filologo. Le cose inizieranno a cambiare già nei mesi successivi, con l’arrivo, nei panni di traduttori e articolisti, di esperti come Paolo Accolti Gil, Gino Scatasta e il già citato fratello LucaS.

Sigla di Displaced Paranormals 7 - Marvel

Sigla di Displaced Paranormals 7 – Marvel

The Nam - Lettere dal fronte

The Nam – Lettere dal fronte

Con il passare dei mesi il 1989 regala ai lettori nuove sorprese: non solo continua a pubblicare testate Marvel dedicate a personaggi della tv (G.I.JOE, arrivata nell’88, ALF, CONTE DACKULA), ma allarga anche il parco testate relativo all’Universo Marvel grazie all’aggiunta di WOLVERINE e SILVER SURFER. Anche in questo caso si tratta di storie della seconda metà degli anni ’80, che soprattutto nel caso del mensile del mutante artigliato provocano qualche problema a chi vuole seguire cronologicamente le vicende dei suoi eroi preferiti: sia la serie di Wolverine sia quella in appendice, la splendida EXCALIBUR, si svolgono dopo gli eventi della principale X-saga del 1988, La caduta dei mutanti. La Star però sta contemporaneamente pubblicando gli X-Men del 1981…
Per la cronaca, in appendice a SILVER SURFER trova spazio Thor, con l’inizio del ciclo di Walt Simonson, già più vicino cronologicamente ai cicli pubblicati dalla Star. Particolarità di queste ultime due testate è il formato, che di lì a poco sarà lo stesso per ogni titolo Marvel Play Press: brossurato a 64 pagine (al costo di 3000 £).
La Play, in sostanza, nel solo 1989 edita un buon numero di titoli, unendo quantità a qualità: è innegabile che gran parte delle sue pubblicazioni presentino materiale di buon livello, il che non può che far bene agli appassionati di buon fumetto Marvel rimasti a secco per tre anni.
Ma… perché limitarsi alla Marvel? Nello stesso periodo anche la DC Comics è inesistente nelle edicole. Uniche eccezioni, le maggiori storie di Superman e Batman degli anni ’80 pubblicate dalla Rizzoli come inserti di Corto Maltese, un formato che scontenta tutti e che non permette alle icone DC di avere la popolarità che meriterebbero. Però rimane tutto il resto dell’Universo DC che nessuno sta sfruttando… nessuno, finché la Play non decide di metterci le mani.
Ma quella del 1990 è una storia che potremo ripassare la prossima volta… [CONTINUA]

* Nota di Batman Crime Solver sui film di Tim Burton. Se siete interessati, a Batman – Il ritorno film del 1992 diretto da Tim Burton, sequel di Batman (1989) e secondo capitolo della saga, sono a vostra disposizione degli articoli apparsi sul settimanale TV Sorrisi e Canzoni il 30 Agosto 1992. Fate clic qui.

Pubblicità

Intervista in esclusiva con: Ivo De Palma

Lo Spaventapasseri (o Spauracchio, in originale Scarecrow), il cui vero nome è Jonathan Crane.

Ivo De Palma, artista di origini napoletane inizia le sue prime esperienze in radio, per poi entrare, nei primi anni 80, nel mondo del doppiaggio. Il personaggio più noto da lui doppiato è Pegasus dei Cavalieri dello Zodiaco, a cui ha dato la voce sia nella serie televisiva che negli OAV. Altri sono Mirko in Kiss Me Licia (solo nella parte parlata), Carey Mahoney in Scuola di polizia, Vernon Fenwick in Tartarughe Ninja alla riscossa, Akira Fudo (Devilman OAV: La Genesi, L’Arpia Silen e Amon – Apocalypse of Devilman), Kaede Rukawa (Slam Dunk), Ronni (Magica Emi), Kratos (I 5 Samurai) e vari personaggi secondari in City Hunter. Ivo interpreta con eccezionale bravura diversi personaggi, in particolare anime e raramente personaggi nelle serie animate americane. Tra le sue performance in casa Marvel ricordiamo Nick Fury in Wolverine o Dott. Donald Blake/Thor in L’incredibile Hulk e gli X-Men e in casa DC Comics Lo Spaventapasseri nella serie che noi tutti amiamo Batman The Animated Series. Oggi il nostro blog, si onora di incontrarlo una seconda volta (qui abbiamo un suo video saluto) per qualche curiosita’ sul suo lavoro davanti al leggio.

Ivo De Palma

Stefano: “Ciao Ivo e grazie di essere qui con noi per la seconda volta”
Grazie a voi per l’invito!

Stefano: “Viste le tue tante interpretazioni, mi viene da chiederti, che differenza c’e’ tra il doppiaggio di un’interpretazione di un’anime e una serie animata americana? Si tratta di due generi completamente opposti, anche se si rimane nel tema supereroistico”.
Sì, sono due cose un pochino diverse. Da grande appassionato, quale fui in tenera età, del repertorio fumettistico Marvel, mi aspetterei io stesso di propendere per l’animazione americana, ma 30 anni di esperienza nel settore mi hanno fatto capire alcune cose importanti: il cartone americano è molto più codificato, molto più standard, molto più conforme a regole non scritte, tali per cui il cattivone è sempre chiaramente riconoscibile, nel nome, spesso connotativo, nei tratti, spesso piegati al ghigno bieco, nelle musiche che lo accompagnano, di registro inquietante, nei megalomani progetti di conquista planetaria. In definitiva, pertanto, un po’ meno interessante. Il cartone giapponese ha certo anch’esso caratteristiche peculiari, ma ho riscontrato, per la mia esperienza, molta più libertà nei contenuti e molta più sincerità nel presentare il male, che spesso anche nella realtà può essere attraente. Lo trovo quindi più vero e, per certi aspetti, perfino più educativo, nel senso che sostiene l’idea che non sempre il male lo riconosci subito e inequivocabilmente.
Il fumetto americano, come del resto anche il cinema di Hollywood, è fortemente “lombrosiano”. Il cattivone, in buona sostanza, ce l’ha sempre scritto in fronte. Invece certi efferati assassini del cartone giapponese sono belli come il sole. Non che tale approccio sia necessariamente lontano dal nostro, giacché anche le Scritture narrano che nel più vicino oriente, in quei famosi 40 giorni di meditazione nel deserto, il Cristo dovette opporsi a tre tentazioni demoniache decisamente intriganti.

Stefano: “Leggevi o leggi i fumetti? Che cosa in particolare?”
Come anticipato, i fumetti Marvel, e in particolare L’Uomo Ragno e I Fantastici 4. Purtroppo, prima delle più recenti versioni “ultimate”, decisamente interessanti anche nella grafica e nell’approccio cinematografico, quel repertorio perse, per quanto mi riguarda ogni interesse, dal momento in cui, per vari motivi, il tandem Stan Lee – John Romita per l’Uomo Ragno, e Stan lee – Jack Kyrby per i fantastici 4 vennero meno. Ma parliamo di quando avevo 14/15 anni, e altre passioni urgevano nella mia vita di adolescente di quegli anni, in primi la musica e la politica (per molti aspetti in quegli anni concomitanti).

Stefano: “C’e’ qualche cartone animato della tua infanzia o adolescenza che pensi abbia influenzato il tuo modo di doppiare?”
No, perché di cartoni ne arrivavano comunque pochi, per quanto riguarda il repertorio “eroi e supereroi”. E di animazione giapponese in Italia non si parlava ancora. Ho affrontato l’animazione da professionista, pertanto, potendo contare solo sui miei approfondimenti d’arte drammatica precedenti, oltre che ovviamente sull’esempio dei bravissimi colleghi che mi ritrovai a fianco. Per l’interpretazione di Pegasus fu fondamentale un’esperienza appena precedente, alla Radio Svizzera Italiana, che mi mise sulla lunghezza d’onda ideale per seguire le indicazioni di Enrico Carabelli.

Ivo De Palma è Lo Spaventapasseri

Stefano: “Nella serie Batman The Animated Series hai doppiato uno dei nemici piu’ acerrimi dell’uomo pipistrello. Ci racconti qulacosa di quel periodo? Magari dalla tecnica che hai usato, a qualche particolare accaduto durante il doppiaggio?”
Ricordo molto poco dell’esperienza, perché doppiai quel personaggio in un solo episodio. Mi sono risentito recentemente, grazie a un allievo grande appassionato di Batman, e non è che la cosa mi abbia fatto impazzire. In certe sale di doppiaggio è più complicato usare la voce come l’ho usata per Pegasus (e per moltissimi altri personaggi meno noti), cioè alternando le cose più plateali a quelle più interiori. La qual cosa è di grande beneficio per i personaggi positivi, e addirittura indispensabile per quelli negativi. Laddove l’imperativo è sempre e comunque “stare su”, cioè emettere molto, non mi trovo affatto a mio agio, perché alla fine il risultato è più macchiettistico che altro.

Stefano: “Ti piace il personaggio di Batman? Perche’?”
Mah, da ragazzino il repertorio DC Comics non mi piaceva molto, perché gli eroi erano troppo tronfi e perfetti. Preferivo gli (anti)eroi Marvel, ai quali poteva capitare non solo la crisi esistenziale, ma addirittura, come all’Uomo Ragno in un episodio, di essere a terra per via dell’influenza. Cosa che può capitare a chiunque di noi. Probabilmente ora che Batman è approdato al cinema, c’è un filo di spazio in più per la dimensione interiore, quindi se fossi il ragazzino di allora potrei sicuramente seguirlo con soddisfazione.

Stefano: “Grazie per essere stato con noi e per la tua gentilezza”
Grazie a voi per le interessanti domande!