Prima di leggere dell’incontro con il regista, c’e’ una cosa che dobbiamo fare assolutamente tutti…giocare con il teschio che rappresenta ogni membro della Squadra Suicida. Infatti, la Warner ha pubblicato online un sito che permette di creare il proprio “selfie-simbolo” e condividerlo sui principali social network, oppure è possibile scaricarlo sul vostro PC per gestirlo come meglio credete. Provatelo cliccando qui e posate sulla nostra pagina FB o Twitter il vostro suicide-selfie.

Jared Leto è Joker
La giornata a Toronto è decisamente assolata. La scena di Suicide Squad che troupe e attori stanno girando è quella in cui ai “supercattivi” al centro ella storia, dopo essere stati finalmente tirati fuori dalle rispettive prigioni, vengono restituiti propri “giocattoli” da combattimento. Siamo in un piccolo aeroporto privato appena fuori la città canadese, dove di sono svolte la maggior parte delle riprese del film.
Per i visitatori della stampa è stato allestita una piccola tenda accanto al set principale, fornita con sedie e monitor da dove osservare le riprese. In un momento di pausa, mentre vengono sistemate le scenografie e le macchine da presa per le angolazioni delle inquadrature successive, la publicist della Warner Bros porta a noi giornalisti l’artefice principale di Suicide Squad, il regista David Ayer. Ecco il resoconto della nostra chiacchierata con lui:

Prima foto ufficiale di David Ayer del film: Suicide Squad
Da sceneggiatore come ha lavorato all’adattamento del fumetto?
E’ un ottimo terreno di scoperta, un’arena ancora parzialmente inesplorata dentro il cinema di genere. Mi sono entusiasmato perché il mio approccio cinematografico è l’esatto opposto a quello che fino ad oggi l’adattamento da un comic book ci ha mostrato. Lavorare su questo scarto, su questo stridore che ha creato molta energia e mi ha permesso di sviluppare alcune idee molto personali dentro un film comunque per il grande pubblico quale è Suicide Squad. Non è solo l’adattamento cinematografico di un comic book, per me è stato anche uno studio su persone in carne e ossa, vive e da sempre pronte a battersi per la propria vita. Nei comic book normali hai uno o più eroi che compiono una serie di azioni secondo uno schema narrativo prestabilito, quasi sempre lo stesso: cambiano solo i costumi, i poteri o il nome degli eroi. Con Suicide Squad invece i personaggi hanno a disposizione una gamma molto più ampia di situazioni e azioni, perché sono letteralmente capaci di qualsiasi cosa, non hanno remore o problemi etici. La linea tra bene e male, tra giusto e sbagliato in questo film praticamente non esiste, o meglio viene spezzata in continuazione. I comic book sono molto cambiati nel corso dei decenni, hanno risentito come tutte le grandi forme di narrazione mediatiche degli stravolgimenti politici e sociali dell’epoca contemporanea. I fumetti negli anni 80 ad esempio erano impregnati della paranoia derivata dallo scontro ideologico tra Stati Uniti e Unione Sovietica, tra Ovest ed Est. Oggi i tipi di paranoia e le paure sono cambiate, molto meno identificabili con schieramenti o bandiere. Ciò che rimane intatto è il senso di frustrazione e la paura di cui le storie di nutrono i lettori, da cui sono attanagliati. L’universo DC è molto consapevole di questo, e Suicide Squad è un film che rispetta in pieno il legame e la tensione drammatica tra fumetto e lettore.
Suicide Squad è una produzione ancora più grande del precedente Fury. In che modo questo fattore sta influenzando il suo stile di regia?
Mi sta dando ancora più libertà nello scegliere il modo migliore per raccontare il film, le angolazioni più efficaci. A differenza dei miei film precedenti, quando ho realizzato Fury abbiamo dovuto ricostruire molti dei set. Con Harsh Times, La notte non aspetta e End of Watch praticamente eravamo sempre per le strade di Los Angeles a girare in continuazione. Con Fury invece le location andavano trovate e i set designer hanno dovuto dipingere, costruire, sistemare tutto. Quella è stata la mia prima esperienza riguardo la creazione di un mondo interamente costruito per la macchina da presa. Tutto comunque alla fine è sempre focalizzato ad aumentare la forza della storia. Per i comic book non è molto differente, posseggono una narrazione molto specifica, una sorta di mitologia contemporanea: quello che sto cercando di fare con Suicide Squad è prendere questi miti moderni e vedere quanto riesco ad immergerli nella realtà del nostro oggi. Volevo ricreare un mondo in cui cammini per strada e può capitarti di incontrare Deadshot o Harley Quinn, in cui puoi veder sfrecciare per strada la macchina del Joker. Ovviamente abbiamo collaborato con il reparto fiction della DC, ma il mio intento principale è stato quello di rendere il film il più possibile terreno, attuale.

Suicide Squad il film – Basato sul fumetto ideato originariamente da Robert Kanigher e Ross Andru nel 1959.
Non sente dunque la pressione di essere al comando di uno dei film più attesi dell’anno?
L’unica cosa che mi interessa fare con Suicide Squad è raccontare la storia di un gruppo di persone spezzate che si unisce e capisce che può creare una sintonia, può diventare una famiglia, connettersi uno all’altro. Come sceneggiatore la difficoltà maggiore è stata quella di introdurre tutti questi personaggi nella maniera giusta, rendendoli diversi nella personalità ma al tempo stesso trovare dei tratti comuni che rendessero plausibile la loro convivenza. Fatto questo il lavoro come regista è stato molto più semplice, perché le figure delineate sulla pagina erano così potenti che una volta messe davanti alla macchina da presa creavano energia. Non ci vuole molto tempo a capire chi e cosa sono quando li vediamo sul grande schermo. Non temo i confronti perché il mio approccio è totalmente diverso dagli altri, molto più realistico e inserito nella realtà dei nostri tempi. Ad esempio c’è pochissimo green screen in Suicide Squad, quasi tutti i set sono stati ricostruiti per intero, e questo rende le cose differenti, soprattutto per quanto riguarda il tono della fotografia e la forza delle interpretazioni, sono più vere. Qualunque cosa la gente pensi che Suicide Squad sia, vi assicuro che non lo è. E’ molto di più.
Tutti aspettano di vedere soprattutto il Joker di Jared Leto e la Harley Quinn di Margot Robbie…
E hanno ragione. Il Joker è il villain più famoso al mondo, è entrato nell’immaginario collettivo perché più di tutti rappresenta il caos, l’inganno, la follia che si scatena come negazione assoluta nella razionalità umana. Cosa è universale in questa figura, cosa ha trasceso tutte le interpretazioni che ne sono state date al cinema e nei fumetti? Jared Leto l’ha catturato e l’ha inserito nella sua visione, meno elevata delle altre, più a contatto con la giungla della strada. Quando arriva sul set il mondo si fermava, ognuno si fermava, non si può scappare al magnetismo emanato dal personaggio che sta interpretando. Margot si è preparata moltissimo per interpretare Harley, ha fatto ricerche enormi sui disordini psichiatrici, traumi della mente, bipolarità e altre malattie. Poi ovviamente ci ha messo del suo, è impossibile chiedere a un attore di mantenere le distanze dal personaggio una volta che si è connesso alla parte. Margot ha investito molta della sua vita emotiva, questa è la sua performance più potente, anche più forte di quella di The Wolf of Wall Street. Jared nell’avvicinarsi al Joker ha trovato fin da subito un equilibrio pazzesco tra rispetto e sfrontatezza. Il suo lavoro di preparazione è iniziato molto prima di quello di tutti gli altri e si è rivelato estremamente complesso per lui, spero che un giorno troverà la forza di raccontare in quali luoghi della sua mente questo percorso lo ha portato. Non penso possa farlo ancora oggi…

Margot Robbie è Harley Quinn
Cosa l’ha entusiasmata maggiormente fino ad oggi nel dirigere Suicide Squad?
Quando dirigo sono talmente concentrato sul mio lavoro che molto spessi dimentico cosa ho fatto il giorno precedente, figuriamoci settimane prima. Un regista in qualche modo dovrebbe mantenere il sangue freddo, rimanere concentrato quando gira scene con grandi esplosioni, sparatorie ed effetti speciali. Per me invece si è tratta di venire sul set e passare bei momenti insieme a Will Smith e tutti gli altri. Siamo diventati un vero gruppo durante le riprese, stiamo facendo il film insieme nel senso più pieno della parola, discutendo in gruppo ogni decisione. E il risultato è condivisione e sorprendentemente anche molto divertimento, cosa difficile da ottenere quando hai così tanta pressione addosso…
[Fonte: comingsoon.it]